«Perché l’ha fatto» è il titolo dell’articolo di fondo de La Gazzetta del Mezzogiorno del 29 aprile 1969. Si riferisce alle dimissioni del presidente della Repubblica francese Charles De Gaulle, rassegnate all’indomani della diffusione dei risultati del referendum sulla riforma del Senato e la regionalizzazione dello stato. Il Generale – simbolo dell’intera Resistenza Francese, colui che il 25 agosto 1944 aveva potuto proclamare con orgoglio «Paris! Paris outragé! Paris brisé! Paris martyrisé! mais Paris libéré!» – ha deciso di farsi adesso da parte dopo dieci anni. Nel ‘58, dopo un periodo lontano dalla politica, era stato eletto per la prima volta presidente della Repubblica e nel ‘62 era riuscito a far approvare la riforma con cui l’elezione del presidente era demandata al suffragio universale e diretto. Violando la stessa Costituzione che egli ha creato, leggiamo sulla «Gazzetta», nell’aprile ‘69 non ha atteso però la proclamazione ufficiale dell’esito del referendum da parte della Corte Costituzionale: ha cessato nell’immediato di esercitare le sue funzioni, come, prima del voto, aveva solennemente annunciato di voler fare, in caso di sconfitta. «Ponendo ancora una volta il dilemma tra il suo potere personale e il caos, De Gaulle ha confessato quasi ingenuamente che il suo era un obiettivo ancora una volta rivoluzionario: nelle pieghe dei due disegni di legge erano state insidiosamente inserite modifiche costituzionali, destinate ad imprimere un carattere maggiormente autoritario al regime», scrive Basilio Cialdea. Ha investito tutto il suo potere nell’approvazione di una revisione dell’ordinamento delle Regioni, intese come collettività territoriali, e del Senato, che nel suo progetto avrebbe perso la sua influenza determinante nell’esercizio del potere legislativo: circa il 53% dei francesi ha, tuttavia, rifiutato le sue proposte di riforma.
«Il gollismo brillante della liberazione della Francia dall’inefficienza della Quarta Repubblica, il De Gaulle cui è spettato il grande merito di aver posto fine alla tragedia algerina – per dirla con uno dei più fini scrittori politici francese, Maurice Duverger – aveva già lasciato il posto ad un gollismo scolorito, salvato nel giugno scorso soltanto dal grigio partito della paura, dopo le rivolte e le agitazioni del maggio rossonero», conclude il giornalista.
Nel giugno del ‘69 verranno indette nuove elezioni presidenziali in Francia: vincerà il gollista George Pompidou. De Gaulle, ritiratosi a vita privata, si spegnerà l’anno successivo.