di Tonio Tondo
PRESICCE - «Di qui non mi muovo, qui ho la mia famiglia e la mia azienda. La guerra contro Xylella la dobbiamo vincere noi, se la paura ci blocca la nostra terra è finita». Giovanni Melcarne, 47 anni, due figlie di 12 e 16 anni, un’azienda di qualità, la Forestaforte, a Gagliano del Capo, due chilometri da Leuca, solo per un momento cede al sentimento e alla retorica. Al suo fianco, il direttore e il presidente della Coldiretti di Lecce, Giuseppe Brillante e Pantaleo Piccinno. Campagna di Presicce, lungo la strada per Marini. Lo Jonio con le sue luci è a due passi.
La Xylella ha devastato e bruciato migliaia di alberi, molti secolari. Gli unici ancora verdi sono i Leccini. Il sindaco Riccardo Monsellato, medico e produttore: sembrano resistere all’infezione. Il campo sperimentale è un «campo della condivisione», perché nato grazie all’iniziativa dal basso di volontari, è sorto in contrada Del Forno, dove l’aggressione della malattia ha fatto terra bruciata. Sulle branche di 500 piante, tra i 200 e i 300 anni, sono state innestate 270 varietà provenienti da tutte le regioni d’Italia, dalla Liguria alla Sicilia e alla Sardegna, e da molti Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: Croazia, Grecia, Turchia, Spagna, Malta, Tunisia, Marocco, Francia e Israele. In tutto, gli innesti sono 2.500. Un maestro di innesti di Terlizzi, Giovanni Volpe, ha coordinato un gruppo di operai della zona. Giovanni Melcarne e Francesco Specchia, un giovane agronomo dal forte profilo scientifico, hanno percorso migliaia di chilometri per bussare alle porte dei campi sperimentali di altre zone d’Italia, anche privati, dove è raccolto il germoplasma di centinaia di cultivar. In tutto il mondo sono 1.500 le varietà di olivo.
Hanno bussato alle porte di scienziati e di istituti di ricerca per chiedere aiuto e arricchire la raccolta delle marze. La speranza è che altre varietà, oltre al Leccino e al Frantoio e in parte la Coratina, siano tolleranti e meglio ancora se dalle prove in campo e in laboratorio fosse provata l’immunità di qualche pianta. Melcarne testimonia la carica identitaria del Capo di Leuca. Al di là della mitologia, qui resistono identità e comunità che in questo caso si sono fuse. I dirigenti della Coldiretti hanno sostenuto con decisione l’azione di Melcarne e degli altri attori: «Giovanni ha un carattere a volte rude, ma il progetto lo sentiamo nostro, lo abbiamo seguito fin dai primi passi e lo appoggiamo con forza perché dà speranza e un orizzonte operativo». Molte sono le strade del miglioramento genetico. Con la genetica e la sequenza del genoma di diverse varietà si aprono percorsi nuovi.
Ma è la campagna il luogo ideale per migliorare le piante e arricchire la biodiversità. I ricercatori di Bari, sia dell’università sia del Cnr, e del Basile Caramia di Locorotondo hanno collaborato fin dall’inizio. Il progetto della «condivisione» è nato così attraverso reti umane informali, tra tensioni e tenacia. I giovani, i più generosi. Da questa collaborazione, da «realtà istituente»; (rispetto all’immobilismo politico e burocratico delle istituzioni formali, Regione, ministero e Ue, ndr), è nato un secondo filone di azioni. Il gruppo ha setacciato l’intero Salento infettato dal batterio e ha selezionate alcune decine di semenzali, piante selvatiche nate da un seme, cioè da un nocciolo trasportato dal vento oppure da stormi provenienti da altre zone, spesso lontane. Il Salento ha una piccola miniera di biodiversità. D’accordo con il Cnr sono stati scelti i semenzali più inseriti nei contesti dell’infezione. Su alcune decine, 12 sono risultate libere dal batterio. «E’ un buon salvadanaio - dice un ricercatore - non facciamo previsioni, ma siamo molto attenti». Sono pronte le talee, già classificate. Prima cresceranno in laboratorio, poi in campo. I vecchi contadini sono i più pessimisti. «A Casarano il batterio sta bruciando tutto – dice Giuseppe – sia sul versante occidentale, tra Matino, Parabita e Gallipoli, sia in direzione Est verso Supersano, il bosco del Belvedere, un sistema unico di alberi secolari, fino a Nociglia e Botrugno. Ma i giovani credono nel lavoro comunitario e alla nuova prospettiva: quando la distruzione raggiunge l’apice proprio allora può riprendere la resilienza. Gli agricoltori hanno fretta, gli scienziati frenano. E’ il gioco inevitabile: da una parte sentimenti, passioni, disperazione e capacità operativa, dall’altra il calcolo razionale. Ogni pianta ha da tre a cinque innesti, in base alla struttura. L’Ogliarola è presente sempre, le altre si alternano. In Italia le cultivar sono 500, in Francia e in Spagna da 50 a 70.
Tra le varietà ospitate nel campo l’Itrana, le spagnole Arbosana e Arbequina, la greca Koronechi. Tutte le regioni italiane sono rappresentate, dalla Carolea alla Fasolina, dalla Taggiasca all’Ascolana tenera. Melcarne, Brillante e Piccinno si abbracciano: adesso la politica si svegli e ci ascolti veramente, senza furbizie e senza perdere tempo.