“Niente è come sembra” canta Franco Battiato. Per le elezioni di settembre il governatore Michele Emiliano chiama a raccolta i pugliesi democratici contro Salvini e la Lega, ma c’è stata una stagione nella quale la spada di Alberto di Giussano era piantata come una bandierina proprio nel centrosinistra. Basta girare all’indietro le lancette e tornare al 23 aprile 1995.
Alle regionali pugliesi si confrontano il Polo della Libertà - Fi, An, Ccd e Ambiente club - con candidato il professor Ninì Distaso (poi vittorioso) e il Polo progressista con due partiti con la falce e martello nel simbolo (Pds e Rifondazione comunista), i Popolari, i Verdi, i laici di centro e proprio la Lega Italia federale di Umberto Bossi, schierata al fianco dello studioso Luigi Ferrara Mirenzi.
Nel 1995 il Carroccio era reduce dalle manovre con le quali aveva staccato la spina al primo governo Berlusconi e pensava a una evoluzione nazionale in nome del federalismo macroregionale teorizzato dall’ideologo schimittiano Gianfranco Miglio. Massimo D’Alema, leader del Pds ha recentemente ricordato quegli eventi: «Nel 1994 dissi al Manifesto che la Lega era una costola del movimento operaio. Lo affermai perché gli operai votavano Lega». E così in Puglia l’alleanza fu naturale. I risultati modesti: i leghisti raccolsero solo 6841 voti e lo 0,35% (adesso sono la prima forza del centrodestra).
L’intuizione di D’Alema conserva una sua attualità: la Lega - che ha combattuto la Legge Fornero e fatto approvare «quota 100» - è il partito più votato nelle fabbriche e nelle periferie, mentre i dem spopolano nei quartieri borghesi. E la sfida tra elettorati metropolitani e blocchi sociali delle periferie e delle campagne sarà una chiave per interpretare la prossima contesa regionale di settembre… [michele de feudis]