BARI - La prima verifica ufficiale dei contatti raccolti dalla app Immuni è stata effettuata ieri mattina. Ma per il momento, almeno in Puglia, il sistema informatico per il tracciamento dei contagi covid non ha fornito dati utili alle analisi epidemiologiche: nelle 24 ore di ieri - circostanza che dovrebbe emergere dal bollettino ufficiale di oggi - non si sono infatti verificati nuovi casi.
La sperimentazione della app (che oltre la Puglia, riguarda anche Abruzzo, Liguria e Marche) è dunque resa più complicata - paradossalmente - dal calo dei contagi. Non è possibile suddividere su base geografica il numero dei download (circa due milioni), ma si può dire che la app è disponibile adesso anche per buona parte degli smartphone cinesi Huawei e Honor (sono ancora esclusi per il momento Mate 30, P40, la serie Y, Mate Xs e Honor 9X Pro): per installarla serve uno smartphone recente (gli Apple devono avere iOs 13.5, mentre per gli Android serve la versione 6 e il supporto al Bluetooth «low energy») che non tutti possiedono, ma la gran parte dei problemi tecnici sembrerebbe risolta.
La Puglia si è già attrezzata dalla scorsa settimana, quando il capo del dipartimento Salute, Vito Montanaro, ha incontrato in videoconferenza i direttori generali delle Asl, i responsabili dei dipartimenti di prevenzione e i rappresentanti della medicina di base. Già dalla scorsa settimana, infatti, le Asl sono state abilitate all’inserimento dei codici di sblocco all’interno della intranet del ministero della Salute: quando un cittadino che ha installato la app risulta positivo, l’operatore sanitario gli chiede se acconsente a condividere i dati di tracciamento. In caso di risposta positiva, il cittadino deve aprire la app e fornire all’operatore sanitario una password che viene inserita sul portale del ministero, autorizzando in questo modo la lettura dei codici identificativi delle persone con cui quel cittadino è entrato in contatto. In questo modo, il sistema - che non conosce le identità degli utenti, ma solo i codici identificativi - potrà avvertire chi è entrato in contatto con la persona malata: un messaggio sullo smartphone inviterà a contattare il medico di famiglia per ulteriori informazioni.
Questo sistema serve insomma per aiutare le Asl nell’effettuazione delle indagini epidemiologiche, perché dovrebbe consentire di ricostruire in maniera più rapida e precisa i contatti delle persone risultate infette. Ma tutto dipenderà, ovviamente, anche dal numero di persone che installeranno la app. La sperimentazione (forse già dalla settimana prossima verrà aperta al resto d’Italia) servirà a testare l’infrastruttura tecnologica, che è gestita dalla Sogei (una società del ministero dell’Economia) e che dovrebbe consentire anche la raccolta di dati statistici per il sistema sanitario nazionale.
Molti altri Paesi stanno utilizzando approcci analoghi a quello italiano. Le polemiche, però, non mancano. «Io non la scarico fino a quando non ho garanzia assoluta di come vengono trattati e custoditi i miei dati», ha detto ieri il leader della Lega, Matteo Salvini. «Mi dicono che la partecipazione cinese è minima, è al 2%, io dove c’è puzza di regime comunista non scarico nulla», ha detto Salvini riferendosi alla società che ha sviluppato la app poi ceduta gratuitamente a Palazzo Chigi. Ma per il ministro dell’Innovazione, Paola Pisano, Immuni è uno «strumento digitale importante per proteggere noi stessi e le persone che ci sono care. Un aiuto per muoversi con più sicurezza in questo momento di ripresa, riducendo possibili nuovi focolai sul territorio».