Taranto, agguato in serata: grave un 20enne ferito all'addome
NEWS DALLA SEZIONE
i più visti della sezione
NEWS DALLE PROVINCE
i più letti
la ripartenza
Michele de Feudis
07 Maggio 2020
BARI - «Non c’è motivo per affrettarci. Aspettiamo che si torni in moschea quando sarà sicuro per tutti»: l’imam Saifeddine Maaroufi, della Moschea di Lecce, antepone la tutela della salute dei fedeli alle legittime e frequenti richieste di tornare a recitare la preghiera comunitaria del venerdì. Se nel mondo cattolico il divieto di celebrare messe è stato oggetto di dibattiti (con anche polemiche politiche), nella umma islamica pugliese c’è piena concordia nel ritenere che i riti musulmani in questo momento debbano essere sospesi, allineandosi alle norme anti-assembramenti del governo.
In pieno Ramadan, i musulmani vorrebbero riunirsi, ma le comunità hanno preferito sopprimere la preghiera del venerdì: «È un momento che si fonda sulla riunione della comunità - analizza Alì Pagliara, portavoce della comunità islamica di Bari, che con la provincia conta ventimila “fratelli” - e così abbiamo cancellato la preghiera. Non poteva avvenire con il distanziamento. I fedeli pregano regolarmente in casa, con il capo famiglia che fa da imam». «Senza comunità non c’è preghiera del venerdì. In quella giornata - aggiunge Maaroufi - tengo un sermone in streaming sui social affinché le persone ascoltino il messaggio della fede e speranza, consolidando il legame di fede. Il sermone però non assolve l’obbligo di preghiera. Nessuno commette peccato: in questo frangente determinato dalla pandemia siamo impossibiliti a pregare nelle moschee». «Certo - ricorda ancora - in Pakistan o Indonesia ci sono preghiere del Venerdì, ma lì hanno tante moschee e spazi più grandi per garantire le distanze. Qui da noi i centri islamici sono limitati nel numero e più piccoli. Come faremmo a selezionare gli ingressi nella moschea?».
Si attende dunque che la crisi sanitaria passi: «Se le cose andranno meglio, con le autorizzazioni necessarie, potremmo aprire durante la settimana, quando c’è meno partecipazione. Siamo in contatto con il sindaco Salvemini e con il suo staff per i protocolli futuri», dichiara Maaroufi.
La crisi economica rende però complessa l’esistenza di tante etnie che compongono le comunità islamiche di Puglia: l’iftar, il pasto serale che interrompe il digiuno quotidiano durante il mese islamico del Ramadan, per molti arriva grazie alla Sadaqa, la carità o elemosina che si pratica all’interno delle associazioni musulmane. Racconta Pagliara: «A Bari abbiamo distribuito pasti in via Cifarelli. Probabilmente ci appoggeremo presso l’associazione bengalese in Via Eritrea in futuro. Tanti fedeli del Bangladesh, impegnati come ambulanti o come lavapiatti nei ristoranti, hanno gravi problemi economici a cui proviamo a porre rimedio con le donazioni». La solidarietà è una delle attività che non è stata congelata dal Coronavirus anche a Lecce: «Prima, durante il Ramadan e non solo, organizzavamo una tavola calda quotidiana in moschea. Ora sappiamo che quelle persone che venivano da noi sono da sole. Con la Caritas - conclude Maaroufi - abbiamo organizzato l’assistenza in sicurezza, distribuendo pacchi alimentari. I nostri fratelli senegalesi e marocchini, che vivevano lavorando come ambulanti, sono in grande difficoltà. Chi lavorava senza contratti regolari è in grande affanno. A loro cerchiamo di portare sollievo con il dovere della Zakat, la carità che può restituire il sorriso ai nostri fratelli».
LE RUBRICHE
Lascia il tuo commento
Condividi le tue opinioni su