Dovrà essere l’assemblea dei soci di Acquedotto Pugliese, e dunque la Regione, a decidere chi sostituirà Nicola De Sanctis, l’amministratore delegato e direttore generale che martedì è stato sospeso (ma di fatto licenziato) perché sorpreso a «spiare» con un tablet la riunione del consiglio di amministrazione che doveva deliberare sulla rescissione anticipata del suo stesso contratto. Una decisione, quella di «licenziare» l’ingegnere ligure, che ha riacceso una vecchia polemica nei confronti di Emiliano: «Si prenda atto di questa grottesca situazione – dice Fabiano Amati (Pd) – e si torni all’amministratore unico».
Ma non è questa la strada che ha in mente il governo regionale. «Ciò che è accaduto ha dell’incredibile», dicono in Aqp dove però, ufficialmente, nessuno commenta: «Sembra una scena di un film di De Sica», racconta chi ne ha avuto contezza diretta. Nei corridoi della Regione più d’uno allarga le braccia, per quanto a questo punto si dovrà provvedere alla sostituzione del capo-azienda ma non si sa se con un esterno. Alcune delle deleghe in capo a De Sanctis passano provvisoriamente al presidente, Simeone di Cagno Abbrescia, oppure al cda nella sua interezza. Spetterà proprio all’ex sindaco di Bari, Di Cagno Abbrescia, gestire l’uscita di De Sanctis: la lettera che gli è stata consegnata mercoledì mattina chiede di fornire giustificazioni entro 5 giorni (il direttore generale è formalmente un dipendente dell’azienda), ma il percorso verso il licenziamento appare segnato.
L’episodio è del resto molto grave. Il cda doveva approvare la transazione per l’uscita anticipata di De Sanctis, il cui contratto scadeva con l’approvazione del bilancio 2019 e non sarebbe stato rinnovato: l’accordo era per circa 200mila euro, comprensivi delle mensilità residue e della buonuscita prevista dal contratto. Il presidente ha quindi invitato De Sanctis a uscire dalla sala riunioni, l’ingegnere ha lasciato su uno scaffale il suo iPad e alcuni fogli e un consigliere, ritenendolo strano, ha preso il tablet e si è accorto che era acceso in videochiamata. A quel punto De Sanctis è rientrato chiedendo «Cosa sta succedendo?», e si è scatenato il finimondo.
«Aqp – dice Amati, che da assessore della giunta Vendola si occupava anche di Acquedotto - va gestito con un amministratore unico, altrimenti diventa come una qualsiasi pubblica amministrazione con tutti i vizi della burocrazia e i rischi della clientela. Episodi come questo sono la conseguenza di una impostazione che non è aziendalista, mentre Aqp dipende dal sistema bancario e ha bisogno di un rating degno. Ma la sua forza viene posta in discussione da queste fibrillazioni che assumono forme caricaturali. Spero dunque che si possa tornare al passato e alle performance di efficienza registrate tra 2009 e 2014». Nel merito, Amati ricorda i dubbi già espressi su De Sanctis al momento della nomina, nell’aprile 2016, quando arrivò come presidente. «Avevamo un direttore generale talmente bravo (si riferisce a Massimiliano Bianco, ndr) da dover inventare una faida per buttarlo fuori: infatti è andato a fare il direttore generale prima di Federutility e poi di Iren. Poi venne trovata una soluzione interna con Nicola Di Donna, professionista solido, e anche lui è stato messo fuori per prendere un rabdomante che non aveva lasciato grandi tracce, peraltro sapendo che nelle attività precedenti aveva avuto rapporti molto conflittuali».