«Meglio di lui c’era soltanto Marchionne, ma non potevamo permettercelo», disse Michele Emiliano nell’aprile 2016 presentando Nicola De Sanctis, il manager scelto per guidare l’Acquedotto Pugliese. Eppure da ieri l’ingegnere genovese non è più, di fatto, il direttore generale e l’amministratore della principale società pubblica del Mezzogiorno: sospeso, ma sostanzialmente cacciato, con la gravissima accusa di aver spiato i lavori del consiglio d’amministrazione.
Ciò che sarebbe avvenuto ha, infatti, dell’incredibile. Martedì uno dei punti all’ordine del giorno del cda di Acquedotto era la definizione della transazione con De Sanctis che - come noto - aveva chiesto di lasciare l’azienda prima della scadenza naturale dell’incarico, intuendo che non sarebbe stato riconfermato. A quel punto, come prassi, il presidente Simeone Di Cagno Abbrescia ha chiesto all’ingegnere ligure di allontanarsi dalla sala. Lui, secondo la ricostruzione contenuta nella lettera di contestazione che gli è stata consegnata, avrebbe lasciato in sala riunioni il suo iPad e alcuni fogli, appoggiando il tablet su uno scaffale alle spalle del tavolo delle riunioni. Ma qualcuno deve aver considerato strana quella mossa, e così è andato a guardare: e ha scoperto che il tablet era acceso in videochiamata. A quel punto De Sanctis è rientrato nella sala ed è successo ciò che è intuibile.
La transazione era ormai quasi definita sulla base di una buonuscita pari a circa 200mila euro. De Sanctis (che ieri sera la «Gazzetta» ha tentato invano di contattare per ottenere la sua versione dei fatti) è ancora formalmente un dipendente di Aqp, essendone direttore generale, ma la contestazione che lo invita a fornire spiegazioni sull’accaduto entro 5 giorni è, nei fatti, una lettera di licenziamento. Il manager è stato invitato a restituire i beni aziendali (auto, carta di credito, cellulari, schede sim), cosa che ha fatto nella mattinata di ieri prima di fare rientro a Milano.
Il cda di Acquedotto, presieduto da Di Cagno Abbrescia, si svolge alla presenza di un magistrato della Corte dei conti (martedì era presente il supplente, Fabia D’Andrea), ed è dunque possibile che l’episodio abbia strascichi di altro tipo.
De Sanctis arrivò nell’aprile 2016 in virtù della sua esperienza in Iren, chiamato da Emiliano come presidente per affiancare il numero due Lorenzo De Santis, a 100 giorni dalle dimissioni di Nicola Costantino (nominato da Vendola) che non gradì la scelta dell’azionista (cioè del governatore) di tornare al consiglio di amministrazione abbandonando la formula dell’amministratore unico. A giugno 2017 anche Lorenzo De Santis, insieme all’avvocato Francesca Pace, rassegnerà le dimissioni ritenendo «esaurito» il proprio compito ma in realtà in contrasto con il suo quasi omonimo con la «c». Gli subentrerà un altro costruttore, Nicola Canonico, fino ad allora ritenuto un fedelissimo di Emiliano (insieme a lui entrò Carmela Fiorella, compagna del consigliere regionale Filippo Caracciolo): ma nel febbraio 2018 anche il secondo vicepresidente è stato fatto fuori, con la Regione che ha chiesto agli altri due componenti del cda le dimissioni concordate dopo la rottura con Canonico sulla gestione degli appalti. Il resto è storia recente: al posto di Canonico è entrato l’ex sindaco di Bari, Simeone di Cagno Abbrescia, e il cda è stato allargato a cinque membri con gli avvocati Luca Perfetti e Floriana Gallucci. De Sanctis è stato progressivamente ridimensionato nelle sue competenze, fino a togliergli la delega sul personale che è vitale per un capo-azienda. Ecco perché a novembre scorso l’ingegnere ha intavolato la trattativa per l’uscita anticipata rispetto alla scadenza di giugno. Fino a questo incredibile epilogo.