BARI - Una vecchia sentenza del 1996 che ha innescato valanghe di ricorsi. Condanne in fotocopia a carico della Regione. Una manciata di milioni di lire moltiplicati grazie a un gioco di prestigio che ha fatto lievitare esponenzialmente le spese legali: 23 milioni di euro dal 2006 a oggi, e chissà quanti altri nei dieci anni precedenti. Migliaia di decreti ingiuntivi e pignoramenti, quasi tutti effettuati dagli stessi due avvocati, con modalità che hanno spinto il presidente Michele Emiliano a denunciare tutto alla Procura: «Comportamenti di taluni legali potenzialmente lesivi degli interessi patrimoniali dell’amministrazione». Tradotto, l’ipotesi della più grande truffa dell’ultimo decennio a danno della Regione.
Parliamo dell’indennità compensativa prevista da una legge regionale del 1982 a favore degli agricoltori «in zone svantaggiate». Un meccanismo, finanziato dalla Comunità Europea, che ha funzionato fino al 1988. Dal 1989 al 1993, per mancanza di fondi nel bilancio regionale, sono fioccati i ricorsi ai Tribunali. Nel 2000 fu adottata una legge regionale di sanatoria, a posteriori, ma mentre alcuni avvocati hanno accettato le transazioni, altri sono andati avanti con i ricorsi e sono state emesse alcune migliaia di condanne, con la Regione che nemmeno si costituiva.
Le sentenze hanno cominciato ad essere eseguite dal 2000 in poi, ma con uno spacchettamento che - teme la Regione - potrebbe essere avvenuto con qualche complicità. Prima la sorte capitale, poi le spese legali, poi gli interessi: precetti, poi pignoramenti (che la Regione non opponeva mai), quindi da capo decreti ingiuntivi. Un sistema che ha moltiplicato le spese legali: dal 2006 al 2018 quelle vecchie condanne sono costate 26,5 milioni di euro, di cui 22,8 per spese legali e appena 3,6 milioni per l’indennità vera e propria. Un salasso.
Ad accorgersi per primo del problema è stato il capo del dipartimento Finanze, Lino Albanese. Una verifica dell’Avvocatura regionale ha fatto emergere altri elementi sospetti. Le vecchie sentenze danno luogo a pignoramenti seriali che, quasi sempre, risultano parzialmente incapienti. E si ricomincia da capo: centinaia e centinaia di decreti ingiuntivi per una manciata di euro emessi da giudici di pace con la formula esecutiva, e sempre a fronte di sentenze che non esistono in archivio, su richiesta di avvocati (sempre gli stessi) che a volte sono domiciliati persino presso ristoranti e pizzerie. E che per ciascuno di quei decreti ricevono 3-400 euro di spese legali.
Nella legge di bilancio dello scorso anno, finanziando l’ennesimo salasso per l’indennità compensativa, la Regione ha previsto l’istituzione di una commissione di esperti con il compito - quantomeno - di ricostruire i fascicoli. Ciò che è saltato fuori ha dell’incredibile. Solo dal 2000 al 2001 erano state censite 4.400 sentenze di condanna, per 4 milioni, con 1,7 milioni di spese (fisiologico). Poi, subito dopo, le carte spariscono e le spese legali decollano. Da gennaio sembra che il flusso dei decreti ingiuntivi si sia fermato. Ma ora dovrà pensarci la Procura.