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Monopolio della droga: a Foggia chieste 63 condanne per complessivi 689 anni

 
Redazione Foggia

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Monopolio della droga: a Foggia chieste 63 condanne per complessivi 689 anni

Ai clan della Società e alla mafia cerignolana: pene da un massimo di 16 anni ad un minimo di 20 anni

Sabato 27 Aprile 2024, 09:56

FOGGIA - I pm della Dda Bruna Manganelli e Iolanda Daniela Chimienti hanno chiesto 63 condanne per complessivi 689 anni di reclusione, con pene oscillanti da 16 mesi a 20 anni, nel processo abbreviato “Game over” in corso dal 2 febbraio davanti al gup di Bari Angelo Salerno a altrettanti foggiani accusati a vario titolo di traffico e spaccio di cocaina, aggravati dalla mafiosità per metodi usati e per aver agevolato la “Società foggiana”. L’inchiesta sfociò nel blitz del 24 luglio 2023 quando furono eseguite dai carabinieri 82 ordinanze del gip di Bari (1 ai domiciliari, 81 in carcere); e riguarda il monopolio sulla cocaina imposto a Foggia dalla “Società” a grossisti e pusher per rifornirsi esclusivamente e a prezzi predeterminati dai clan. Sono 85 gli imputati complessivi per 100 capi d’accusa e i processi si sono divisi: abbreviato per 63 a Bari; rito ordinario per 21 in Tribunale a Foggia; 1 richiesta di patteggiamento al vaglio del gup. I fatti contestati vanno dal 2017 al dicembre 2019.

I pm hanno concluso ieri mattina la seconda parte della requisitoria iniziata il 15 marzo, esaminando le posizioni dei singoli imputati. Tenuto conto della riduzione di un terzo della pena prevista dal rito, hanno chiesto le pene più pesanti - 20 anni a testa - per Alessandro Aprile, detto “scattamurt”; Francesco Pesante alias “u’ sgarr” ritenuti legati al clan Sinesi/Francavilla; e per Leonardo Lanza Francesco Tizzano del gruppo Moretti/Pellegrino/Lanza: i 4 foggiani sono ritenuti tra i capi e organizzatori del traffico. Secondo l’accusa, in particolare fu Aprile per conto del clan Sinesi/Francavilla a negoziare l’accordo con Rocco Moretti, 73 anni, capo della batteria Moretti/Pellegrino/Lanza, imputato nel processo a Foggia, per gestire insieme lo smercio di cocaina: il clan Moretti poi cooptò nell’affare anche il gruppo Trisciuoglio/Tolonese, spartendo i profitti. Chieste pene ridotte per i 4 pentiti: 4 anni per Giuseppe Folliero; 3 anni per Carlo Verderosa; 5 anni e 6 mesi per i fratelli Ciro e Giuseppe Francavilla. L’udienza è proseguita con le arringhe dei legali dei collaboratori di Giustizia che hanno chiesto condanne al minimo della pena. Si torna in aula il 17 maggio per proseguire con le arringhe difensive calendarizzate sino a luglio: sentenza attesa tra settembre e ottobre.

L’accusa parla di “fiorente traffico di droga perpetrato con aggressivo e minuzioso sistema di regole”, come scrisse la Dda nella nota stampa diffusa in occasione del blitz “che hanno garantito ai vertici operativi del sodalizio non a caso coincidenti con i vertici delle batterie mafiose, la possibilità di un controllo capillare e di una posizione di monopolio nella vendita di cocaina, attraverso l’imposizione dell’obbligo di commercializzare esclusivamente la droga fornita dai clan, a pena di pesanti ritorsioni anche armate. Ogni mese venivano immessi sul mercato cittadino 10 chili di cocaina pari a 50mila dosi, acquistata” (da trafficanti cerignolani) “a un prezzo di poco inferiore ai 40 grammi e rivenduta a 55/60 euro, con profitti quantificabili in almeno 200mila euro al mese”. I proventi alimentavano la cassa comune voluta dai clan per pagare stipendi agli affiliati, mantenere le famiglie dei sodali detenuti, acquistare altre partite di sostanza stupefacente.

L’accusa poggia su decine di intercettazioni soprattutto ambientali - già alla base dei blitz “Decima azione” e “Decimabis” contro la mafia del pizzo che tra il 30 novembre 2018 e novembre/dicembre 2020 portarono a 77 arresti, cui sono seguite al momento 67 condanne per mafia, estorsioni, armi e due tentativi d’omicidio - e sulle rivelazioni di 6 pentiti. Alle dichiarazioni iniziali di Alfonso Capotosto, Giuseppe Folliero, Carlo Verderosa (questi ultimi 2 sono tra i 63 imputati dell’abbreviato) e del viestano Danilo Pietro Della Malva, si sono aggiunte a processo in corso quelle dei fratelli Ciro e Giuseppe Francavilla alias “i capelloni”, elementi di primissimo piano del clan Sinesi/Francavilla, che collaborano con la Giustizia da fine dicembre 2023 e gennaio 2024; i 2 Francavilla sono ritenuti tra i capi e organizzatori del traffico di cocaina. Deponendo in aula nelle udienze del 23 febbraio e 1 marzo hanno parlato del “consorzio” nato in un summit a inizio 2013 quando loro due, Alessandro Aprile, Antonio Salvatore, Francesco Pesante (tutti appartenenti al gruppo Sinesi/Francavilla), incontrarono Pasquale Moretti (figlio di Rocco e come il padre al vertice dell’omonimo clan, non è imputato in Game over) e esponenti della famiglia Lanza quali esponenti dell’altro clan. Nell’incontro si decise di porre fine alle rivalità; di investire 10mila euro a testa per acquistare la cocaina a Cerignola; e di imporre a grossisti e pusher di rifornirsi esclusivamente dai clan. A gestire l’affare mantenendo contatti con fornitori e spacciatori sarebbero stati – a dire dei Francavilla - Aprile e Leonardo Lanza; l’accordo si infranse nel 2015 quando riesplose la guerra tra le batterie mafiose. Ma se il patto tra clan si ruppe nel 2015 - sarà uno degli argomenti della difesa - non si possono condannare imputati per fatti che la Dda data 2017/2019; inoltre non reggerebbe l’aggravante di aver agevolato la mafia per chi fu costretto a rifornirsi dai clan. Nient’affatto ribatte l’accusa, perché da una parte i Francavilla hanno chiarito che anche dopo la rottura del “consorzio” ogni clan continuò a imporre al proprio gruppo di spacciatori di rifornirsi da loro; e dall’altra spacciare è una scelta: se lo si fa venendo riforniti dai clan, l’aggravante mafiosa sussiste.

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