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Foggia, omicidio Dedda: chiesto confronto dei pentiti Verderosa e Nuzzi

 
Filippo Santigliano

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Filippo Santigliano

Foggia, omicidio Dedda: chiesto confronto dei pentiti Verderosa e Nuzzi

Giuseppe Albanese, 42 anni, detenuto dal novembre 2018 accusato d’essere uno dei due killer di Rocco Dedda

Domenica 26 Marzo 2023, 13:27

Mettere a confronto i pentiti Carlo Verderosa e Pietro Antonio Nuzzi; accertare chi tra squadra mobile e colleghi del Sevizio centrale operativo della Polizia allineò i filmati delle telecamere che ripresero i due killer in fuga ma con orari sfalsati; interrogare poliziotti penitenziari per accertare se davvero come dice Nuzzi nella sezione “as” (alta sicurezza) del carcere di Foggia i detenuti possono muoversi con una certa libertà nel reparto, oppure se devono restare nelle celle; acquisire una consulenza difensiva sui tempi di percorrenza a piedi della via di fuga dei killer al Villaggio artigiani per confrontarli con gli orari indicati sui filmati; trascrivere una captazione ambientale del febbraio 2018 tra due malavitosi, che riscontrerebbe le dichiarazioni del pentito Nuzzi. Sono le 5 richieste - le prime 4 della difesa, la quinta della Dda - avanzate in corte d’assise nel processo a Giuseppe Albanese, 42 anni, detenuto dal novembre 2018 (udienze iniziate a ottobre 2020) accusato d’essere uno dei due killer di Rocco Dedda ucciso il primo pomeriggio del 23 gennaio 2016 nella guerra di mafia del 2015/2016 tra i clan Moretti/Pellegrino/Lanza cui viene ritenuto affiliato l’imputato, e i rivali della batteria Sinesi/Francavilla alla quale era considerata vicina la vittima.

Due killer con caschi integrali bussarono a casa Dedda, un pianoterra di via Capitanata al rione Candelaro: quando l’ex pizzaiolo di 46 anni aprì, lo uccisero con tre colpi di pistola all’addome; e fuggirono con uno scooterone “T Max” che poco dopo bruciarono all’imbocco del Villaggio artigiani, proseguendo la fuga a piedi, venendo inquadrati a volto scoperto dalle telecamere. L’accusa sostiene che l’uomo ritratto a destra, quello più magro e con cappellino, è Albanese che si dice innocente. I filmati, diffusi agli organi d’informazione da Dda e squadra mobile l’8 luglio 2016, sono la prova decisiva: il pentito foggiano Giuseppe Bruno dice d’aver riconosciuto Albanese; il collaboratore di Giustizia di Altamura Pietro Antonio Nuzzi sostiene che quand’era detenuto in carcere a Foggia un esponente del clan Moretti nel vedere al tg il video riconobbe Albanese. La difesa replica che non un poliziotto o carabiniere, che pure conoscono bene l’imputato, l’ha riconosciuto nel video.

L’ultima udienza in corte d’assise è stata dedicata alle richieste di nuove prove avanzate dal pm Bruna Manganelli e dall’avv. Francesco Santangelo: ognuno si è opposto all’ammissione delle nuove prove indicate dalla controparte. La corte deciderà nella prossima udienza a maggio: se dovesse ritenere le nuove prove assolutamente necessarie, le ammetterà; altrimenti dichiarerà chiusa l’istruttoria dibattimentale e in successive udienze ci saranno requisitoria, arringa e sentenza di primo grado, che potrebbe arrivare entro l’estate.

Il pm ha chiesto di trascrivere un colloquio dell’8 febbraio 2018 tra due foggiani che discutevano delle rivelazioni di Nuzzi; per l’accusa è una conferma dell’attendibilità del pentito; per la difesa la richiesta va respinta perché il colloquio è generico, non fa riferimento ai fatti oggetto del processo, perché la captazione era a disposizione della Dda da anni in quanto contenuta nel processo “Decima azione” alla mafia del pizzo e poteva essere inserita prima tra le prove di cui chiedere l’ammissione.

L’avv. Santangelo ha chiesto il confronto tra Nuzzi e Verderosa: il primo sostiene d’aver commentato con il secondo quand’erano in carcere il video dei killer, mentre Verderosa lo esclude. Per la difesa è poi necessario interrogare poliziotti penitenziari in servizio nel reparto “as” (il difensore lo chiese a tempo debito alla direzione del carcere ma non ricevette risposta per cui non potè inserire quei nomi nell’elenco testi) per sapere se davvero come affermato da Nuzzi i detenuti pur ristretti in regime di alta sicurezza possono muoversi liberamente da una cella all’altra. Chiesta anche l’acquisizione di una consulenza difensiva effettuata a processo in corso, o in alternativa di ascoltare come testimone il geometra che l’ha redatta, sui tempi di percorrenza a piedi della via di fuga seguita dai due sicari al Villaggio artigiani. Infine l’avv. Santangelo ha sollecitato di interrogare agenti della squadra mobile e colleghi dello Sco per accertare chi si occupò di allineare le telecamere e far ordine sugli orari sfalsati indicati nei video, in quanto in aula la squadra mobile ha detto che fu un lavoro affidato allo Sco, che invece ha parlato di incarico affidato alla Mobile. Il pm si è opposto all’ammissione delle 4 nuove prove indicate dalla difesa perché non aggiungono nulla di nuovo al quadro probatorio.

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