FOGGIA - Aver mandato a quel paese il presidente della corte d’assise che lo processa per omicidio comporta l’accusa di oltraggio a un magistrato in udienza, imputazione per la quale Giuseppe Albanese, 42 anni, foggiano, presunto killer della “Società”, detenuto dal 21 novembre 2018, sarà processato il prossimo 2 febbraio dal giudice monocratico di Lecce, perché è la magistratura salentina a occuparsi di inchieste che vedono imputati o parte lesa, come in questo caso, colleghi del distretto di corte d’appello di Bari. Omicidio, estorsione, mafia, rapina, armi, furto, droga: ora nel curriculum giudiziario del foggiano c’è anche questa imputazione. Il 21 maggio 2021 in corte d’assise si celebrava un’udienza del processo a Albanese tutt’ora alla sbarra quale presunto responsabile dell’omicidio di Rocco Dedda ucciso il 23 gennaio 2016 nell’ambito dell’ultima guerra di mafia; l’imputato in videocollegamento con l’aula sbottò contro il presidente Mario Talani: “presidente se mi volete dare l’ergastolo, è inutile che facciamo l’udienza; datemi la sentenza e ci spicciamo”, poi gli insulti.
Aveva 20 anni Albanese quando fu arrestato il 23 ottobre 2000 per un’estorsione per la restituzione di un’auto rubata, con condanna a 4 anni ridotti a 2 anni e 8 mesi. Il 15 agosto 2002 mentre beneficiava di un permesso premio dal carcere di Taranto, fu arrestato per tentato furto in pizzeria, e condannato per direttissima a 2 anni e 8 mesi. Tornò libero a ottobre 2005, ma il 3 marzo successivo nuovo arresto per rapina in un bar tabaccheria, con pena di 4 anni in primo grado. A marzo 2011 fu scarcerato; tre mesi dopo, la sera del 10 giugno, fu ferito gravemente sotto casa in via Rosati a colpi di pistola in un agguato collegato alla guerra di mafia di quel periodo, del tentato omicidio fu accusato un esponente del clan Sinesi/Francavilla poi assolto. La sera stessa del ferimento Albanese fu arrestato in ospedale perché perquisendone l’abitazione dopo l’agguato subìto, i poliziotti trovarono una pistola e alcuni grammi di cocaina: seguì condanna in primo grado a 3 anni e 6 mesi.
Il 23 settembre 2011 gli fu notificata in cella una delle tre ordinanze per l’operazione “No smoking” relativa ad una rapina avvenuta il 16 maggio precedente su via Leone XIII a un furgone carico di sigarette, con condanna a 6 anni ridotti in appello a 4. Tornato libero, il 28 gennaio 2016 fu fermato con altre 8 persone nel blitz “Ripristino” collegato all’’ultima guerra di mafia cittadina, in quanto accusato di possesso di una pistola e di un progetto di rapina in gioielleria: indizi insufficienti, il tribunale della libertà di Bari lo scarcerò a marzo 2016, fu poi assolto. Il 29 ottobre 2016 sfuggì alla morte in un agguato in un bar (per il quale sono stati condannati tre esponenti del clan Sinesi/Francavilla) in cui fu ucciso Roberto Tizzano e ferito Roberto Bruno. Il 13 novembre successivo Albanese tornò in cella perché trovato a Lucera a girare in auto armato di pistola, con successiva condanna e scarcerazione a metà 2018.
Il 21 novembre 2018 fu fermato per l’omicidio di Rocco Dedda, per il quale è sotto processo in corte d’assise dall’ottobre 2020; il 30 novembre 2018 gli fu notificata in cella una delle 30 ordinanze del blitz “Decima azione” contro il racket: in primo grado lo scorso 3 maggio gli sono stati inflitti 18 anni e 2 mesi per mafia quale presunto affiliato al gruppo Moretti/Pellegrino/Lanza e tentata estorsione al titolare di un’agenzia di pompe funebri. Mentre era detenuto, il 10 maggio 2019 gli fu notificata in cella una nuova ordinanza cautelare con l’accusa di aver ordinato di rapinare il 20 aprile 2017 (quand’era ai domiciliari per il possesso della pistola) lo scooterone a un suo presunto debitore, accusa che in primo grado gli è costata una condanna a 2 anni e 4 mesi. Il 20 ottobre 2020 infine in carcere gli fu notificata una delle 16 ordinanze del blitz antidroga Araneo per il quale è in attesa di giudizio.