Buen Camino, il film di Checco Zalone appena uscito nelle sale e nuovamente diretto da Gennaro Nunziante dopo il distacco dei due sulla scena professionale. Il tocco del regista Nunziante è presente, oltre che nelle gag visive e fisiche del protagonista caricaturale di un italiano medio, nella struttura episodica in cui il viaggio offre una serie di incontri e situazioni comiche e nel ritmo narrativo basato su una comicità costruita su una scaletta di battute che portano al climax, come nei loro successi precedenti.
Ciò che colpisce in questo film, tuttavia, è la volontà resa esplicita dalla trama di focalizzarsi sul rapporto genitori e figli, in particolare sul rapporto tra padre e figlia. Una relazione da ricostruire dopo la separazione dei genitori e che non ha ancora superato la frattura di una paternità egoriferita, assente psicologicamente e lontana dai bisogni affettivi della figlia, che viene giudicata e resta incompresa. In questa vicenda, i due personaggi tentano un avvicinamento progressivo e graduale, ciascuno nel “mondo” dell’altro, mediati dal cammino, metafora dell’andare insieme. Dove la mèta assume un’importanza inferiore rispetto al moto verso, al progredire stando vicini, analogamente ai cammini interiori umani e spirituali. E sarà in questo cammino che, anche grazie ad una donna Alma, il padre apre nuove possibilità a sé stesso potendo esplorare oltre la cultura materialista ereditata, altri valori e punti di vista sulla propria realtà. In questa dinamica Checco scopre sua figlia, riconoscendole per la prima volta una maturità superiore alla sua età anagrafica. Mentre Cristal la figlia, fa suo il messaggio sull’amore appreso durante il cammino, ovvero che nell’amore (filiale) ciò che conta è amare, senza aspettarsi di ricevere qualcosa in cambio.
Il film si conclude con uno scambio sul rapporto tossico tra il protagonista e suo padre, che lo svaluta con epiteti ingiuriosi, ma da egli decodificati come linguaggio d’amore usuale e confortevole, con l’invito a mettersi in cammino. Buen Camino consegna un messaggio forte sul paradigma relazionale affettivo che fa da sfondo a tutta la storia tra gag, battute e stereotipi, in cui Luca Pasquale Medici in arte Checco Zalone, sceglie di rappresentare il campo del suo nuovo racconto, senza perdere la leggerezza e l’ironia che lo contraddistinguono.
Saper ridere e sorridere si rivela molto utile per esorcizzare la paura delle diversità e dei cambiamenti sociali che sfidano l’evoluzione delle generazioni precedenti per entrare in contatto con le generazioni successive. Solo così si possono portare per mano genitori e figli, senza pregiudizi e sapendo mettersi in discussione in modo costruttivo, sorretti da valori intramontabili come la fede nell’amore universale e la speranza di un “mondo” migliore possibile, a partire dal proprio, tutto da ricostruire insieme.















