«Tutti chilli che stanno a prora vanno a poppa e chilli che stanno a poppa vanno a prora. Chilli che stanno a dritta vanno a sinistra e chilli che stanno a sinistra vanno a dritta. Tutti chilli che stanno abbascio vanno ‘ncoppa e chilli che stanno ‘ncoppa vanno abbascio, passanno tutti po stesso pertuso. Chi nun tene niente a ffà, s’aremene a ccà e a llà». Significava fare confusione secondo un falso regolamento della Marina borbonica, nel caso di una visita di superiori cui bisognava dimostrare l’operosità dell’equipaggio. Nessuno avrebbe potuto immaginare che 180 anni dopo l’ammuina fosse collegata al premio Nobel per la pace.
Che non ci siano mai tante bugie come durante una guerra, lo sapevamo da tempo. Attacco ai siti iraniani nei quali pare si costruisse una bomba nucleare. L’Aiea, l’Agenzia internazionale che sorvegliava la situazione, dice che ultimamente Teheran aveva cominciato a non dare più informazioni violando un patto internazionale concordato proprio per evitare la bomba. Israele non aspettava occasione migliore. Partono i jet come in una Apocalipse now sulle note della Cavalcata delle Valchirie. Annuncio: siti distrutti e scienziati fatti fuori dai droni. Con corredo di temerari traditori sul posto venduti al potentissimo Mossad nemico.
Che l’Iran sia nemico di Israele, non ci piove: non solo l’intento di cancellarlo dalla faccia della Terra, ma continuo armamento di gruppi terroristici perché lo attacchino. Più un barbaro regime teocratico di vecchi moralisti che impiccano gli oppositori e torturano e violentano le donne se solo non mettono il velo. Come lasciargli la bomba per le mani? Ma per distruggere i siti atomici sarebbe servito qualcosa di più distruttivo. Un ordigno che perfora la montagna in possesso solo degli americani.
Fatto sta che, nonostante le sollecitazioni di Netanyahu, Trump si smarca: ho bisogno di due settimane per decidere. Il presupposto è che gli servissero per pensare, consuetudine per lui non ricorrente. Passato solo un giorno, e in carenza sospetta di sufficiente pensiero, partono i suoi bombardieri con un occhio a Hollywood quanto alla riuscita dell’operazione. Neanche Netanyahu ne sa nulla. Sorpreso (e ovviamente compiaciuto) dall’annuncio: siti nucleari rasi al suolo, anzi al sottosuolo.
I primi ad avere dubbi sono gli 007 americani della Cia. Con improperi a modo suo di Trump contro la capa dell’Agenzia da lui stesso messa lì. «Non capisce niente». In un momento in cui sentirselo dire nella democrazia americana significa democratico licenziamento automatico. Ma anche l’Aiea ha dubbi. Qualcuno sibila che entro qualche settimana, potranno tornare in funzione. Nel frattempo, l’Iran reagisce con una ondata di razzi contro Israele, che qualche danno in vite umane e soprattutto psicosi lo provocano. Minaccia di razzi anche contro basi americane in Qatar.
Quando all’improvviso, e passando da prora a poppa come sempre, e mentre si parlava di timore di guerra mondiale, Trump annuncia un cessate il fuoco che lascia con la pistola fumante in mano sia Israele che l’Iran. I quali continuano per un po’ a bersagliarsi, suscitando una reazione di Trump non esattamente da lord inglese: «Che c… state facendo». Evoluzione della specie per lui cui in tanti, ipse dixit, erano andati a «leccare il c.» per non farsi mettere dazi. Non si sa se per il tono spiccio, o se passando da prora a poppa anch’esso, l’Iran telefona a Trump per annunciargli un imminente lancio di razzi contro soldati yankee appunto in Qatar. Razzi che non si sa se mai arrivati, ma effetti della diplomazia del cellulare sì.
Alla conclusione della giostra, chi ha vinto e chi ha perso? Sia i giornalisti che la Cia dicono che dopo tanto clamore la presunta bomba è sempre lì viva e vegeta. Il presidente iraniano Khamenei rispunta imprevisto dal bunker nel quale era asserragliato e, come se niente fosse, proclama festeggiamenti nazionali per celebrare la vittoria. Netanyahu parla di vittoria storica che rinsalda la sua posizione in Israele. Non da meno Trump, il quale da giocatore inveterato non lascia ma raddoppia. Non solo vittoria. Ma grande merito di aver riportato la pace in una guerra tanto piccola che non c’è stato neanche il tempo di vedere. E avendo riportato la pace, cosa gli spetta? Ma il Nobel per la pace. Massimo risultato col minimo sforzo. Francamente conquistato sul campo con una ammuina che altro che la Real Marina. E visto che ci siamo, perché non anche a Khamenei?
(NB. Avviene a volte nella storia che la tragedia si trasformi in farsa. Chi vuoi che stia a pensare pur alle centinaia di morti di questa sceneggiata di giugno. Meno che mai a quelli di Gaza, tanti da non fare più notizia. Bambini in testa, neanche una piccola croce per chi non ha avuto la fortuna di nascere in un mondo migliore).