Le riflessioni sono aperte nella maggioranza di governo, anche se tutti – a cominciare dalla premier – provano a minimizzare. Questo piccolo, primo test di voto nei comuni, in attesa della ben più importante partita delle regionali, è andato decisamente male per il centrodestra, dalla bruciante sconfitta al primo turno di Genova alle difficili rincorse dei ballottaggi a Taranto e Matera. E la cosa peggiore è che anche in comuni non capoluogo della Puglia, come Massafra e Triggiano, la chiave di volta dello spoglio è il fattore «campo largo»: se i Cinque Stelle si alleano col Pd, per il centrodestra non c’è partita.
I sondaggi danno da tempo in forte vigore di consensi il governo Meloni, ma – evidentemente – i consensi sono solo per lei, la premier, non per i partiti che le portano la bandiera nei territori. Perché, a voler rimanere in Puglia e Basilicata, la coalizione di maggioranza non se la passa proprio bene. Nella città dei Sassi, ad esempio, nemmeno un centrosinistra dilaniato in mille rivoli – con un Pd che non ha potuto neanche presentarsi col simbolo di partito – è servito a far vincere al primo turno il candidato (Nicoletti) di un centrodestra quantomai compatto. Uscita dall’esperienza pentastellata del sindaco Bennardi e con un governo regionale di centrodestra alla seconda legislatura (Bardi), per Matera poteva essere l’occasione per voltare pagina. E invece, niente: l’outsider di centrosinistra Cifarelli (che ora «sfida» Elly Schlein a sostenerlo apertamente, dopo che il Pd si è sbriciolato tra la sua candidatura e quella di Santochirico) si aggiudica il primato dei consensi. E anche qui, in caso di alleanza con i 5S, a giudicare dai numeri per il centrodestra non ci sarà partita l’8 e 9 giugno.
Taranto? La passerella quotidiana di ministri e sottosegretari delle ultime settimane per sostenere il candidato Lazzaro, dato per vincente anche in virtù della lunga esperienza nel mondo Confagricoltura, non è servita a nulla. E nemmeno la lenta agonia dell’ex giunta Melucci pare abbia insegnato qualcosa a destra nell’ultimo anno. Un centrosinistra, quello di Melucci, dilaniato da cambi di casacche, rimpastini continui nel governo comunale, rapporti altalenanti col governatore Emiliano e frizioni interne. Ecco, neanche questo è servito a compattare i conservatori per riconquistare la città dell’Ilva, come Bari un tempo saldamente nelle loro mani (da Cito alla Di Bello). Anzi, qui semmai si è consumata la prova di forza interna tra il candidato civico di Salvini e Vannacci (Tacente, pare ben visto anche a sinistra) e il candidato ufficiale della coalizione: la civica «Prima Taranto» sfiora i consensi di Fratelli d’Italia, supera Forza Italia e manda gambe all’aria la maggioranza di governo a Roma.
Ora, è solo un problema di «campo largo» sul fronte opposto? Certamente no, a giudicare dalle divisioni tra il mondo pentastellato e quello dei Dem. Si ricompatteranno, prima o poi, ma già la vicenda amministrativa di Bari ha dimostrato che con un candidato unitario o due separati, per la destra non c’è partita. E dunque colpisce il fatto che il vento che soffia pro-Meloni in tutta Italia, nei territori si fermi e in Puglia pare girare da tutt’altra parte.
Se non sono un test per Palazzo Chigi queste comunali, certamente lo sono per le prossime regionali alle quali il centrodestra, ancora oggi, sembra non pervenuto. Da un lato un campione delle urne europee (Decaro) già al lavoro sulle liste e una macchina da guerra del centrosinistra che sembra davvero «invincibile», con o senza il supporto dei Cinque Stelle. Dall’altro un fronte conservatore che non ha ancora un candidato e continua a girare a vuoto in tutti gli appuntamenti elettorali cruciali.
Forse per la premier, oltre metà mandato e con un partito alle spalle che nemmeno sognava qualche anno fa di diventare maggioranza e contendere il primato nazionale al Pd, è arrivato il momento di rivedere le carte nei territori. E un esame di coscienza dovrebbero farselo pure gli alleati di coalizione. Perché, a prescindere dal profilo dei candidati e dai contesti più o meno favorevoli in cui cimentarsi di volta in volta nelle urne, probabilmente manca una dirigenza regionale e locale all’altezza. E, almeno in Puglia, nessuno pare in grado di accompagnare il soffio di quel vento che continua a correre nei sondaggi.