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L’azione dell’esecutivo e la tutela dei principi costituzionali e contabili

 
Ettore Jorio

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Ettore Jorio

corte dei conti bari

Un Governo «sbagliato» ha diversi modi per incidere negativamente su un Paese e mettere in difficoltà la Nazione

Giovedì 10 Aprile 2025, 13:02

Un Governo «sbagliato» ha diversi modi per incidere negativamente su un Paese e mettere in difficoltà la Nazione. Non solo la parte più debole. Salvaguarda le aspettativa degli esercenti la politica, eliminando l’incandidabilità per i responsabili di dissesti (art. 8, c. 7, D.L. 25/2025) in corso di celere conversione. Propone politiche inadeguate per l’economia e il welfare state, mettendo in forse lo Stato di diritto. Ne è un esempio eclatante la «riforma» della Corte dei conti che arriva a salvare i politici anche nei procedimenti per danno erariale non arrivati a sentenza.

Ricama complicità politiche con le Regioni generando diseguaglianze istituzionali, sino a fare passare esenti leggi regionali, palesemente incostituzionali, dall’impugnativa di cui all’art. 127, comma 1, della Costituzione. Senza contare l’incentivazione alla presentazione di emendamenti, specie nella conversione di decreti legge, molti dei quali con una ratio viziata, non solo ad personam e ad civitatem ma anche irrispettosi della Costituzione. Al potere esecutivo la stessa assegna un ruolo importantissimo, oltre alla funzione politica di indirizzo quello, in via eccezionale, di esercitare il potere legislativo per necessità e urgenza. Ma la Carta consente ben oltre: di esercitare l’attività amministrativa diretta a realizzare i fini  che  lo Stato ha, svolgendo l’iniziativa di controllo costituzionale sulle leggi delle Regioni e delle due Province autonome (art. 127, c. 2, Cost.); di garanzia sino a rendersi sostitutivo degli organi di altre istituzioni (art. 120, c. 2, Cost.), di tutela delle emergenze ex d.lgs. 1/2018. Portando a mente l’acuta considerazione del Montesquieu (capitolo XVII de Lo spirito delle leggi) che «il popolo fu geloso della sua legislativa potestà, lo fu molto meno della sua potestà esecutrice», diventa facile argomentare che il «comando» del Paese, quello assunto in capo alle coalizioni uscite vincenti dalle urne, se - da una parte - mantiene più vivo l’esercizio dell’opposizione di chi le ha perse - dall’altra - lascia concretizzare le decisioni rafforzato dalla maggioranza popolare di sostegno. Quindi, assume il potere non solo di eseguire liberamente le riforme, bensì di materializzare quelle proprie utili a se stessa, sia attraverso i poteri normativi eccezionali che quelli delegati in suo favore dalla maggioranza. La stessa che li sostiene a prescindere. Ed è all’interno di questo percorso che è necessario indagare sull’esistenza di eventi, sia legislativi che di controllo, che consentono lesioni allo Stato di diritto, ai principi costituzionali e a quelli contabili.

Uno dei punti da approfondire, che presentano non poche criticità, riguarda la sottovalutazione del ruolo affidato al Governo dall’art. 127, comma 1, della Costituzione. Ovverosia quello di agire discrezionalmente, accentuatesi in questa legislatura, sulle impugnative delle leggi delle Regioni e delle provincie autonome, destinando così al legislatore non statale opzioni differenziate, a tal punto da consentire ai medesimi di ricorrere a provvedimenti legislativi in luogo di discutibili soluzioni amministrative. In buona sostanza, si dà così spazio a leggi «alternative» a quegli atti amministrativi, verosimilmente deboli nelle impugnative avanti la giustizia del Tar/Consiglio di Stato, tali da rendere il loro contenuto difficilmente impugnabile, se non in via incidentale, avanti il Giudice delle leggi. Insomma, così facendo si realizza, di frequente, una politica di consenso attraverso la quale si gabbano le regole del gioco costituzionale e finanche della par condicio creditorum.

Attraverso operazioni simili, è stato ed è anche facile intervenire - come detto - in frode ai creditori, anche senza averne intenzione specifica alcuna, sia da parte dei proponenti i rispettivi disegni di legge (per esempio giunte regionali ovvero singoli consiglieri) che di coloro ne hanno garantito, con ricorso a maggioranze consiliari appositamente precostituite, l’approvazione di leggi. Ma anche di chi, con trattative burocratiche ministeri/regioni, collabora a pervenire alla mancata opposizione governativa avanti il Giudice delle leggi, in palese presenza di incostituzionalità. A facilitare tutto questo incide l’assenza, in un siffatto percorso, della garanzia della presa in considerazione delle leggi da parte del Presidente della Repubblica, ex art. 73 della Costituzione. Un atto che non rappresenta una semplice formalità, atteso che il Capo dello Stato ha facoltà di rifiutarsi motivatamente e rinviarlo alle Camere.

Altra assenza procedimentale in tali percorsi riguarda la bollinatura della Ragioneria Generale dello Stato, in un qualche modo garante del principio di copertura finanziaria di cui all’art. 81 della Costituzione, sostituita da organismi regionali e provinciali che, francamente, non hanno lo stesso peso specifico. Di esempi in tal senso ne è piena la legislazione non statale, tanto da fare registrare innumerevoli esiti sfavorevoli davanti la Corte costituzionale a seguito di impugnative in via incidentale di leggi di Regioni e delle due Province di Trento e Bolzano. Allo stesso modo è dato rilevare (esempio la legge regionale della Calabria n. 39/2023, recante «Disciplina in materia di ordinamento dei Consorzi di bonifica e di tutela e bonifica del territorio rurale») decisioni legislative allarmanti in riferimento alla violazione dei diritti soggettivi dei creditori. Ciò in quanto una siffatta introdotta disciplina, che prevede la soppressione ex abrupto di undici consorzi di bonifica (art. 36) e nella contemporaneità ne costituisce (art. 5 e ss.) uno regionale, non offre la garanzie della continuità dei bilanci e, con questo, concretizza una chiara elusione dei pagamenti al personale creditore, primi fra tutti riferibili trattamenti di fine rapporto di lavoro e gli arretrati, se dovuti, alle forze lavoro dei consorzi incautamente soppressi. Un errato tentativo di elusione di pagamenti di qualche centinaia di milioni di euro di debiti, prodotti in tanti anni di pessima gestione, privilegiati ma anche chirografari.

Un tema, questo, che dovrà rintracciare giustizia attraverso interventi alla Cedu che, peraltro, in occasioni del tutto simili ha sentenziato il dovuto a carico dello Stato, con diritto di rivalsa nei confronti degli enti originari debitori elusori degli adempimenti a loro carico. A differenza di come ha fatto la Calabria, la Regione Puglia in un caso, giuridicamente analogo, si sta prendendo cura direttamente, con apposito fondo vincolato (L.R. n. 1/2017), dei 160 milioni di debiti accumulati nonostante la copertura finanziaria regionale assicurata ogni anno al Consorzio di bonifica centro-sud Italia, esercente le funzione dei quattro consorzi commissariati dell’area barese e salentina (Terre d’Apulia; Arne; Ugento Li Foggi; Stornara e Tara).

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