Sul fronte politico, spesso diviso su cose uguali e concorde su temi molto differenti, vive una contesa esistenziale basata su due concetti antitetici: l’egoismo e l’altruismo.
Il primo trova la sua protezione in tutte le politiche che favoriscono l’insieme regolatorio di tutela al conseguimento dell’interesse privato, che ha modo così di perseguire liberamente i suoi fini, a prescindere da tutto e da tutti. A tal proposito, la maggioranza meloniana si sta distinguendo per leggine ad personam al grido: occorre salvare taluno dalla incandidabilità ovvero tutelare talaltro dagli abusi sui bilanci.
L’altruismo rintraccia invece le sue radici nella previsione politica di favorire atteggiamenti e comportamenti, di alto spessore morale, volti al benessere collettivo, dei chiunque verso i loro simili, generalmente intesi. Insomma, l’esatto opposto dell’egoismo, ma francamente non perseguita più neppure da chi lo ha fatto per circa un secolo.
Partendo da una tale radicale classificazione si riescono bene a distinguere, segnatamente risalenti a principi conservatori e a progressisti considerati nella loro antitesi, politiche intese a proteggere gli interessi dei ceti piuttosto che della totalità della popolazione governata. Ed è proprio nei destinatari delle politiche che si rende facile la loro etichettatura: beneficiari prevalenti delle politiche conservatrici sono categorie di soggetti ben individuabili; favorita dalle politiche progressiste è la Nazione nella sua interezza. Le prime privilegiano i territori a maggiore propensione egoistica, nel senso di appartenenti a categorie protette, così come avviene da sempre a discapito del Mezzogiorno. Le seconde interessano uniformemente il Paese.
L’imporre una contrapposizione con la magistratura, nel senso di dividerne l’insieme, demolire i controlli della Corte dei conti, indebolire il sistema della sanità pubblica a vantaggio di quella privata, non tutelare l’istruzione obbligatoria nelle aree periferiche, precarizzare i trasporti pubblici locali, trascurare gli anziani e i non abbienti sono tutti atti e politiche di profondo egoismo. Il peggiore.
L’altruismo è il suo antidoto. Del tipo quello che insegna Papa Francesco che è senza limiti, senza condizioni, senza tempo ma pieno zeppo di generosità.
Non è sufficiente, però, professarlo. Bisogna nutrirlo dando il giusto peso alla suddivisione dei tre poteri, non affatto confliggenti ma sinergici attraverso i contrappesi costituzionali. Occorre servirlo ingigantendo quanto più possibile il welfare state, lasciato libero di progredire in un ambiente protetto da ogni forma di inquinamento.
In tutto questo, a governarne il processo deve essere l’homo hominis, non già nel senso maschile bensì di componente l’umanità. Un adempimento del quale tuttavia si perdono di frequente le tracce, complici le distrazioni frequentemente più pericolose di quanto si possano immaginare.
La Pace, lottare per essa, è altruismo all’ennesima potenza. A questo deve essere funzionale una Europa dai connotati diversi, che abbandoni nel definire le sue politiche gli interessi dei singoli Stati e ragioni come istituzione monolitica, disposta a mettersi di traverso agli egoismi dei Paesi che la compongono e a lavorare in favore di una Nazione europea, unica e indivisibile. Non solo. Che eviti ogni genere di subalternità, reale e ideologica, a chi in quel momento rappresenti la ragione dominante, in perfetta sintonia con la sua esistenza indeterminata, non suscettibile quindi di diverse e contrapposte influenze politiche.
Oggi, al di là dei condizionamenti dai prodotti energetici, sta venendo fuori una forte ed estesa pretesa verso le terre rare. Una istanza, questa, che si traduce nell’imminente pericolo di sottomissione agli algoritmi informatici. Con questo, al temuto ingresso a regime dell’intelligenza artificiale, incapace ahinoi di essere condizionata dalla coscienza, tale da essere attore di una decisione egoistica, ben lontana dall’altruismo.