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Matteotti, Grottaglie e quel telegramma consegnato 100 anni dopo

 
Giuse Alemanno

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Giuse Alemanno

Matteotti, Grottaglie e quel telegramma consegnato 100 anni dopo

La consegna, oggi, a Elena Matteotti - nipote di Giacomo - del telegramma di condoglianze che il Consiglio Comunale di Grottaglie non spedì alla sua famiglia cento anni fa, è un simbolo

Giovedì 24 Ottobre 2024, 13:27

La consegna, oggi, a Elena Matteotti - nipote di Giacomo - del telegramma di condoglianze che il Consiglio Comunale di Grottaglie non spedì alla sua famiglia cento anni fa, è un simbolo. La simbologia non è qualcosa di sorpassato, ma non è nemmeno la chiave per comprendere il mondo spirituale. La sfera simbolica è nel nostro quotidiano, nella pubblicità, nei segni della politica, della religione; nelle opere artistiche, nelle icone di culture primordiali e in quelle dei computer. Un simbolo si incontra ogni volta che un significante allude a qualcosa che va oltre la sua pura forma esteriore. La fede nuziale, la Croce, la Mezzaluna, la Stella di David, il rosso del semaforo, il Tricolore, il nero del lutto, il ‘baffo’ di una nota marca di abbigliamento sportivo … tutti simboli dalla fortissima capacità evocativa. A Grottaglie ne hanno aggiunto uno, paradossale: il telegramma consegnato dopo un secolo. Ma, per raccontare bene questa storia, bisogna fare un salto nel passato e tornare all’anno di grazia 1924.

In gennaio furono sciolte le Camere e indette le elezioni per aprile. Mussolini apre la campagna elettorale escludendo ogni ipotesi di alleanza elettorale del Partito Nazionale Fascista con altri partiti. Antonio Piccinini, deputato massimalista, viene ucciso dai fascisti a Reggio Emilia, il 28 febbraio 1924. Comincia, così, la scia di sangue, violenze, intimidazioni e terrore che distinguerà quella campagna elettorale, e non solo. Il «Listone» fascista conseguirà 356 seggi, grazie alla legge elettorale «Acerbo», più altri 19 provenienti da liste filofasciste. In pratica, il 64,9% dei voti validi.

Il successo fascista si realizzò soprattutto nell’Italia Centrale e Meridionale, dove i condizionamenti furono più diretti e efficaci. Il 30 aprile 1924, Giacomo Matteotti denuncia in Parlamento le violenze compiute dai fascisti durante la campagna elettorale. Aggiunge che le votazioni sono state macchiate a tal punto da brogli e irregolarità da richiederne l’invalidazione. Il 7 giugno, la Camera vota la fiducia al governo Mussolini. Il 10 giugno, Giacomo Matteotti è aggredito e rapito. Autori materiali del rapimento sono Amerigo Dùmini, squadrista toscano stipendiato dall’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Amleto Poveruomo e Augusto Malacrìa, tutti Arditi di Milano. Il 13 giugno, Mussolini garantisce il massimo impegno del Governo affinché le indagini sulla scomparsa di Matteotti siano condotte con fermezza e sollecitudine, in modo da individuare e punire i colpevoli.

Il 27 giugno, i gruppi parlamentari di opposizione si riuniscono a Montecitorio per commemorare Matteotti. Dopo aver ascoltato una commossa rievocazione pronunciata da Filippo Turati, i parlamentari approvano una mozione in cui affermano che non parteciperanno più ai lavori della Camera. Turati dirà, per analogia con la secessione dei plebei sull’Aventino nell’antica Roma, che gli oppositori del fascismo si erano ritirati «sull’Aventino delle loro coscienze». Il Primo agosto, la milizia fascista entra a far parte delle Forze Armate restando, pur giurando fedeltà al re, subordinata alla volontà di Mussolini. Il 16 agosto, il cadavere di Matteotti viene ritrovato nella macchia della Quartarella, a una ventina di chilometri da Roma. Il 5 settembre, Piero Gobetti subisce una violenta aggressione da parte dei fascisti. Il 17 settembre, Luigi Pirandello si iscrive al Partito Nazionale Fascista. Scriverà: «Chi può salvarci è l’Uno». Resterà iscritto fino alla sua morte, nel 1936. Armando Casalini, deputato fascista, verrà ucciso a Roma da Giovanni Corvi, comunista. Il 25 ottobre, Don Luigi Sturzo lascia l’Italia, in seguito alle pressioni di Mussolini. Il cardinale Pietro Gasparri inviterà Don Sturzo a trasferirsi a Londra. Il sacerdote e ex segretario del Partito Popolare rimarrà all’estero per 22 anni. Il 27 dicembre, da alcuni stralci del memoriale di Cesare Rossi - ex capo dell’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio - pubblicati da «Il Mondo», risulta evidente la diretta responsabilità di Mussolini nel delitto Matteotti. Il 31 dicembre, vari giornali di opposizione sono sequestrati in ogni parte d’Italia.

È stato questo clima a bloccare l’invio di un telegramma di condoglianze alla famiglia Matteotti, cento anni fa. Il Consiglio Comunale di Grottaglie di allora non lo ritenne opportuno. Ignavia, pavidità, compiacenza, intercettazione di benevolenze … vallo a capire! Ora, dopo un secolo, quel telegramma sarà consegnato ai familiari di Giacomo Matteotti dal sindaco Ciro D’Alò, grazie all’impegno di Anna Maria D’Erchie, presidente di Anpi Grottaglie, Alfredo Traversa e altri valenti grottagliesi. E non perché il fascismo non faccia più paura - tutt’altro! - ma perché la democrazia, il vivere civile, il coraggio, la solidarietà, la pluralità dei sentimenti sono germogli di una pianta dalla forza vitale insopprimibile.

Di tutto questo quel telegramma è simbolo. Elena Matteotti lo conservi caramente. In quelle parole di cordoglio c’è anche la fede di chi crede che un mondo migliore è possibile. Quello che avrebbe voluto Giacomo Matteotti cento anni fa. Quello che desidera, oggi, ogni individuo che ripudi i regimi e ami la libertà e la pace.

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