Non c’è niente da fare: almeno la sfida sulla campagna elettorale, in attesa delle urne del 8 giugno, l’ha già vinta il centrosinistra a Bari. 2 a 0 e palla al centro. Perché sono circa due mesi che a sinistra si parla di candidati e di primarie e, fatta la scrematura, da un mese sono in campo Michele Laforgia e Vito Leccese. Risultato? La maggioranza dei baresi, presa dai mille problemi della vita quotidiana e a prescindere dall’orientamento politico, pensa che la sfida a sindaco nella città metropolitana sia tra questi due. Il centrodestra? «Non pervenuto».
A ben vedere le primarie servono proprio a questo: lanciare il primo calcio di rigore nella porta dell’avversario, a prescindere dal risultato finale della partita. «Intanto faccio gol», con l’idea di scegliere l’attaccante (il candidato sindaco) con cui vincere la partita vera. E il gol riesce davvero se a questo primo appuntamento dei gazebo ci viene una valanga di gente, più sono meglio è. Ecco perché, dopo un mese di litigi, trattative, tavoli, mediazioni, incontri e scontri tra Laforgia, che voleva regole certe e un perimetro definito dei partecipanti, e il Pd di Leccese, che voleva aprire il recinto a tutti, alla fine ha prevalso la seconda strada.
La montagna, come si suol dire, ha partorito il topolino: addio pre-iscrizioni, verifica sui tesseramenti, seggi limitati per «controllare» chi partecipa alla festa dei gazebo, come insisteva da settimane Laforgia sostenuto da Sinistra e Cinque Stelle: venite tutti in massa, così il primo gol arriva dritto in rete. E, a conti fatti, tra il 2 a 0 della campagna elettorale già iniziata e il 3 a 0 se le primarie dovessero risultare davvero una «grande festa della partecipazione», come si suol dire in questi casi, per il centrodestra la rimonta sarà davvero difficile.
Qualsiasi sia il risultato del 7 aprile, infatti, il ticket a sinistra è già riuscito. Laforgia o Leccese vincitore delle primarie, tra dibattiti, tavoli, conferenze stampa, foto e articoli ogni giorno sui media da due mesi, il candidato sindaco e il vice esistono già, sono ben visibili a tutti. E non è poco, se si considera la bufera giudiziaria che si è abbattuta sulla città proprio a ridosso delle urne (l’inchiesta della Procura) e il fango sollevato dal caso proprio sulla vicenda primarie, col sospetto dei pacchetti di consensi pilotati nelle ultime tornate (2014 e 2019) sia a sinistra che a destra dalla criminalità. Ecco, nemmeno l’alluvione degli oltre 130 arresti, tra i quali il campione di consensi ai gazebo Oliveri, è riuscita a far prevalere la logica «giustizialista» del penalista-candidato Laforgia contro l’«aperturismo» Dem; meglio imbarcare tutti all’appuntamento del pre-voto e far scegliere all’indifferenziato «popolo» il candidato del centrosinistra, un po’ come accaduto nel Pd nazionale. Stringere il cerchio significa consegnare a destra gli «esclusi» alla «festa» di Bari del 7 aprile.
A destra? Tutto tace, candidato «non pervenuto». O meglio, si prova a gestire in rigoroso silenzio e ben lontano dai fari, tra Roma e Bari, la scelta fatidica. Anzi, un po’ goffamente, i candidati compaiono e scompaiono, sciogliendosi come neve al sole appena nei piani alti di Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega cominciano a sfogliare i sondaggi con le ipotesi di far misurare i prescelti con Laforgia o Leccese.
Prima Fabio Romito, consigliere regionale salviniano, barese doc e soprattutto consigliere comunale di lungo corso. Dunque, esperienza nel Municipio da contrapporre all’esperienza amministrativa del capo di gabinetto uscente Leccese. Due accenni ad un possibile ticket e poi via, sparito. Ci prova in autonomia Luigi De Santis, con tanto di kermesse sulla «città del futuro»... nulla da fare, sparito. Ora tocca al magistrato Stefano Dambruoso. Curriculum ineccepibile dedicato alla lotta alla mafia e al terrorismo internazionale, con incarichi nel corso degli anni al Ministero della Giustizia e all’Onu. L’uomo giusto da contrapporre al penalista Laforgia. Ma anche a lui tocca il destino di comparire e scomparire a giorni alterni, con l’ipotesi ticket sempre sullo sfondo.
Perché ticket? Perché se da quella parte esiste già con Leccese e Laforgia, anche da questa parte bisogna tentarlo: un «volto» in prima fila che raccoglie consensi e un «volto» in seconda fila, che porta voti. Con la beffa, a ben vedere, che il «secondo» del ticket immaginato dal centrodestra - ancora incerto sul papabile per la prima fila - è l’unico candidato in grado di far sudare la vittoria a sinistra: il senatore Filippo Melchiorre.
È lui, ormai da un ventennio, ovvero da quel lontano 2004 in cui vinse Emiliano a Bari gettando le basi della primavera pugliese di Decaro e Vendola, il vero «sindaco» immaginato dal centrodestra barese. E col vento spirato prima in Sardegna e, soprattutto, poi in Abruzzo, ovvero con la Lega in caduta libera, almeno sul piano degli equilibri politici l’assegnazione di Bari a Fratelli d’Italia ci sta tutta. Peccato che Melchiorre, eletto in collegio uninominale al Senato alle ultime politiche e per nulla intenzionato ad abbandonare lo scranno parlamentare, non ne voglia sapere di tornare a tempo pieno nella «sua» Bari. Con l’inghippo che, qualora vinca davvero l’8 giugno, espugnando dopo vent’anni la roccaforte barese al centrosinistra, dovrebbe pure dimettersi e far riaprire le urne per il singolo collegio di Palazzo Madama.
Come andrà a finire lo vedremo a breve. Probabilmente, all’esito delle primarie del 7 aprile del centrosinistra, il centrodestra scioglierà definitivamente la riserva sul candidato dopo averne fatti «sparire» altri. Ma, chiunque sia, avrà appena due mesi per svolgere una campagna elettorale che l’avversario, invece, ha iniziato con largo anticipo. Senza dimenticare che, nel frattempo, dall’altra squadra hanno pure infilato 3 gol.