L’autonomia differenziata non è un capriccio più o meno innocuo delle Regioni padano-venete: è una sfida mortale all'unità dell'Italia e alla dignità e uguaglianza dei Cittadini del Mezzogiorno. La gente lo deve sapere, lo deve capire, perché la differenza a vantaggio del Centro Nord penalizza in ogni settore il Meridione da tanti decenni e se il regionalismo rafforzato passerà, il gap resterà per sempre.
Il Nord contro il Sud, il Nord addosso al Sud, altro che una trama da fiction o un argomento da veteromeridionalsti, è una tristissima realtà di emarginazione e di sudditanza, che nel Mezzogiorno subiamo ogni giorno, quasi senza rendercene conto.
Prima ancora dei cittadini, sono i rappresentanti delle Istituzioni del Sud, dai Consigli comunali alle Regioni e naturalmente ai Parlamentari, che devono avere ben chiaro cosa significa subire il primato del Settentrione, anche nella vita di tutti i giorni.
Prendiamo il caso dei collegamenti ferroviari, dalla Puglia verso l'hub di Bologna e Milano, Torino, Venezia. I meridionali forse sono sono distratti, forse sfiduciati, probabilmente assuefatti a stare peggio, a patire servizi pubblici scadenti. Per questo, è il caso di ribadire che per raggiungere in treno Milano da Bari e viceversa (circa 800 chilometri) ci vogliono tante ore e tanti soldi, mentre per correre invece sulla linea tirrenica da Napoli alla capitale lombarda (grosso modo la stessa distanza ) s'impiega meno tempo e si paga anche la metà. In riva all'Adriatico, il sistema di trasporto su binari è rimasto pressapoco quello del primo dopoguerra, non ci sono stati cambiamenti decisivi, restano tuttora tratte ferroviarie a binario unico.
Sulla linea adriatica tariffe ancora alte e treni ancora lenti, non è un modo di dire, è un dato. La conferma del divario considerevole tra le tariffe e i servizi Bari-Milano e Napoli-Milano non ha mosso la sensibilità di nessuno, nel Governo, nel Ministero, nelle Ferrovie. Lettera morta le proteste: l'handicap a danno degli utenti adriatici è rimasto inalterato, se nel versante tirrenico i convogli viaggiano sulla rete dell’Alta Velocità, nel Molise scarrozzano ancora sul tracciato delle origini, quello dell'Italia unificata, con la non breve strozzatura di Termoli. Mai raddoppiati i binari in Molise dalla costruzione della tratta, nel 1863-64.
Tempi, tariffe comfort, da una parte il futuro, dall'altra grosso modo le regie Littorine. Un solo Frecciarossa Bari-Milano, peraltro con arrivo nella stazione centrale meneghina dopo la mezzanotte e per il quale vale la tariffa scontata, 27,90 euro. Per il resto, «sprofondo rosso»: costi minimi oltre i 58 euro, contro le non poche «frecce AV» Napoli-Milano a listino calmierato (25,90 euro) e con tempi di percorrenza inferiori, a pari distanza. Si può partire dalla stazione napoletana di piazza Garibaldi alle 5:09 e scendere nella Centrale milanese alle 9:24 (4 ore e 15 minuti, alla peggio se ne impiegano 5,30), mentre da piazza Moro al centro di Milano servono tra un minimo di 6 ore e 50 minuti ad un possibile 7 ore e 55 minuti.
Treni veloci anche sull'Adriatica resta un sogno non avverato, una rivendicazione inascoltata. Mi domando a cosa siano servite le lunghe battaglie dei grandi quotidiani pugliesi, affiancati dal Consiglio regionale e le continue provocazioni intelligenti dell'Associazione latianese« L'isola che non c'è», con l'adesione di tanti nomi della cultura, Università, scuola, politica, imprese, forze sociali e spettacolo.
Non cambia niente, purtroppo ed anche questo è e sarà l'autonomia differenziata, mentre invece connettere l’intero Mezzogiorno resta una priorità che i Governi nazionali non dovrebbero trascurare, perchè la direttrice ferroviaria Ancona-Pescara-Bari-Lecce-Taranto è strategica. Collegando i diversi poli produttivi e le aree portuali dell'Adriatico e dello Ionio, può rendere l'Italia il baricentro dei traffici commerciali tra i Paesi del Mediterraneo e quelli del Nord Europa.
Nel Centro-Nord e sul versante tirrenico, l’Alta Velocità ha concorso a generare dinamiche economiche positive. La riduzione dei tempi e il potenziamento dell’offerta puntano a rendere il trasporto su rotaie concorrenziale a quello su gomma, a farne il vettore principale della mobilità. Ma l’Italia è spaccata, non solo tra Nord e Sud, anche tra le dorsali occidentale e orientale. Sull’Adriatico, non solo l’Alta Velocità è di là da venire, ma gli impianti sono obsoleti, le tecnologie datate, i materiali rotabili spesso dimessi da altre tratte. E c’è l’assurdo della città di Matera, unico capoluogo di provincia non servito dalle Ferrovie dello Stato, in aggiunta al già citato scandaloso binario unico in Molise e all'arcaica rete ferroviaria che collega Puglia, Basilicata e Calabria, mentre si attende la realizzazione della Bari Napoli. Non ne parliamo delle autostrade, che finiscono nella nostra Eboli: Bari Nord e Massafra, a trenta chilometri da Taranto (in Basilicata: non pervenute).
È una questione di qualità della vita quotidiana, anzi, di sopravvivenza, che deve spingerci a insistere, a moltiplicare gli interventi, perché questa situazione crea un divario inaccettabile a sfavore del Mezzogiorno. I Cittadini del Sud devono comprendere che il divario nelle infrastrutture dei trasporti penalizza ogni giorno loro stessi, le loro famiglie, i figli, con il pendolarismo obbligato e mal servito verso i poli lavorativi, universitari, amministrativi, ospedalieri, tanto rarefatti nelle regioni meridionali, rispetto al Nord.
Tutto questo peggiorerà con l'autonomia differenziata, una vera maledizione perché le umiliazioni che la gente del Sud subisce ogni giorno, le ingiustizie «pubbliche», le sproporzioni, l'indifferenza con cui i Governi di ogni estrazione hanno trascurato i mille divari con il Settentrione, oltre a tanti danni stanno replicando un delitto: l'esodo dei giovani dal Mezzogiorno, ragazze e ragazzi, energie, «cervelli», fior di diplomi di laurea costretti a cercare lavoro e futuro nell'Italia settentrionale, in Europa, in tutto il mondo. Uno spopolamento che divide le famiglie, stravolge tradizioni, sottrae risorse, impoverisce il Sud. Senza ritorno, senza speranza, quando l'autonomia rafforzata ci farà sprofondare tra gli ultimi degli ultimi d'Europa.