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Regionalismo e premierato: così cambia la costituzione ai tempi del «Barattellum»

 
Bepi Martellotta

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Bepi Martellotta

Regionalismo e premierato: così cambia la costituzione ai tempi del «Barattellum»

Ovvero – questa l'accusa principale rivolta dalle opposizioni – lo scambio tra Fratelli d'Italia e Lega sulle leggi che più stanno a cuore alle due principali forze di governo: il premierato, obiettivo dei meloniani, e l'Autonomia differenziata, ossessione dei salviniani

Lunedì 29 Gennaio 2024, 13:47

C'era una volta il Mattarellum, la legge elettorale predisposta dall'allora parlamentare – oggi Capo dello Stato – in vigore fino al 2005. Poi fu la volta del Porcellum, in vigore fino al 2013, e qui la similitudine latina si fa più complicata (deriva da “porcata”, come la definì lo stesso promotore, Calderoli). Da allora andiamo avanti con il “Consultellum”, ovvero le correzioni apportate dalla Consulta alla “porcata” di Calderoli. Ed eccoci arrivati, oltre dieci anni dopo, all'appuntamento col “Barattellum”, il cui significato – sempre “elevato” dal dibattito parlamentare al rango dei latinismi – è più facile da dedurre: il baratto. Ovvero – questa l'accusa principale rivolta dalle opposizioni – lo scambio tra Fratelli d'Italia e Lega sulle leggi che più stanno a cuore alle due principali forze di governo: il premierato, obiettivo dei meloniani, e l'Autonomia differenziata, ossessione dei salviniani.

In realtà non parliamo di una legge elettorale ordinaria, come fu appunto per i latinismi precedenti. Ma di una vera e propria riforma costituzionale, la stessa – per intenderci – che avrebbe dovuto limitare i poteri del Capo dello Stato sbilanciandoli sul Governo esecutivo e che ha fatto andare su tutte le furie (il che non è facile) il Quirinale. Cosa sta accadendo, in pratica, in uno dei due rami del Parlamento? FdI vuole ottenere a tutti i costi una riforma costituzionale che sposti l'ago della bilancia dalla sovranità parlamentare a quella di Palazzo Chigi, ma senza “offendere” il Colle o limitarne ulteriormente i poteri (a dire il vero, già fortemente limitati); la Lega, invece, vuole spostare l'ago della bilancia dalla Capitale alle periferie delle Regioni (ricordate l'autore del Porcellum di cui sopra quando le sparava contro “Roma ladrona”?). Ed ecco lo scambio: tu mi dai una mano a far passare il premierato e io ti aiuto a spingere sull'Autonomia. Detto, fatto.

Fratelli d’Italia, infatti, nei giorni scorsi ha ripreso in mano il dossier premierato e incalzato gli alleati ad andare avanti, tutti spediti e uniti. Lo ha fatto con 6 emendamenti che correggono il disegno di legge costituzionale attualmente all’esame del Senato e che porta la firma del ministro Casellati, con l'obiettivo di introdurre il principio che ogni governo può avere solo una vita. Ovvero, addio a soluzioni “parlamentari” e “governi tecnici” non voluti dal popolo: se il governo cade, cade per sempre e si va al voto. E se proprio accade un impedimento al premier (morte, dimissioni volontarie o decadenza) al massimo si può far subentrare un parlamentare di maggioranza al suo posto, ma solo per l'ordinaria amministrazione in attesa delle elezioni.

Nella nuova versione di quello che potrebbe diventare l’articolo 94 della Costituzione, spuntano anche altri paletti: viene lasciata al presidente del Consiglio, se sfiduciato da una delle Camere, la possibilità di scegliere: avrà 7 giorni per dimettersi o proporre, al Capo dello Stato, lo scioglimento del Parlamento. Correttivi - per ora in forma di proposta e base di discussione - che devono avere la benedizione di Forza Italia e Lega. E forse non a caso il confronto a tre, che sembrava più vicino, ora è slittato a domani, con un rinvio al 5 febbraio della deadline per presentare tutte le proposte di modifica (poche e «blindate»). Toccherà al presidente della commissione Affari costituzionali, Alberto Balboni di FdI, “custodire” e promuovere, in quanto relatore, le modifiche previste, a patto che si raggiunga l'obiettivo: cioé che l'Italia si dimentichi una volta per tutte dei governi Monti o Draghi, delle “soluzioni parlamentari” o degli esecutivi “tecnici” con cui tenere in vita maggioranze discutibili o traballanti. Tanto meno possibili”ribaltoni” parlamentari, che pure sono accaduti spesso. Che entri in vigore, una volta per tutte, il meccanismo del “simul stabunt simul cadent” , tanto caro a FdI. Così caro da poter rinunciare ad un pezzo non da poco nella storia della destra italiana, il “centralismo” dello Stato, regalandolo – appunto, il “barattellum” - al neo-regionalismo che vuole la Lega.

Sul tavolo FdI ha messo pure il limite dei due mandati al capo del governo: oggi la riforma Casellati – priva degli emendamenti in arrivo - parla genericamente di un’elezione diretta per 5 anni, ma l’intento è appunto di non superare le due legislature consecutive, che diventano tre in caso di scioglimento anticipato delle Camere. Insomma non ci sarebbero più “Berlusconi ter” o “Letta bis”, proroghe e soluzioni interne con cui allungare la vita ad esecutivi zoppi. Si valuta anche di specificare che il premier va eletto con il 50% +1 dei voti, mentre è coro quasi unanime che vada tolto una volta per tutte il premio di maggioranza del 55% dei seggi, rimandando a una legge elettorale ad hoc. E' quel premio che ha consentito, sinora, anche alle forze meno votate della coalizione vincente di ottenere seggi (o ai Cinque Stelle, che si presentarono da soli, di avere una maggioranza bulgara in entrambi i rami del Parlamento).

Si vedrà come andrà a finire il lavoro di mediazione e limatura di questi giorni, ma un fatto è certo: nel frattempo il “barattellum” ha già ottenuto uno dei suoi due obiettivi, far passare al Senato l'Autonomia differenziata, quella che la Lega considera la “madre” di tutte le riforme. Anch'essa riforma di rango costituzionale, invisa alle opposizioni e a chi teme si creino due “Italie” e si distrugga definitivamente l'universalismo dei servizi pubblici. Due riforme, queste, entrambe di peso che, però, rischiano di rimanere negli annali con quell'appellativo: “barattellum”, l'arte dello scambio nel suq della politica.

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