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Aldo Moro, cronaca di una morte annunciata: il commento dopo lo speciale di Report

 
Biagio Marzo

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Biagio Marzo

Aldo Moro, cronaca di una morte annunciata: il commento dopo lo speciale di Report

La prigionia di Moro durò 55 giorni, dal 16 marzo al 9 maggio del 1978. E fu sballottato come un pacco postale da un luogo all’altro

Martedì 09 Gennaio 2024, 13:51

Sigfrido Ranucci, conduttore della trasmissione Report di Rai Tre, ha ricostruito, grazie anche al contributo del giornalista di inchiesta Paolo Mondani, il rapimento e assassinio, da parte delle Brigate rosse, di Aldo Moro, in via Fani, e la scoperta del suo cadavere in una Renault 4 rossa, in via Caetani. Una ricostruzione preziosa, ricavata dalle carte delle Commissioni parlamentari di inchiesta, l’ultima della quale presieduta da Giuseppe Fioroni e nella quale ha fatto parte come commissario il parlamentare pugliese Gero Grassi. Il quale Grassi ha scritto un importante testo sull’affaire Moro e l’ha diffuso nelle scuole e in tutti i luoghi in cui è stato invitato come conferenziere.

Un ruolo chiave nella trasmissione l’ha svolto Claudio Signorile, allora vice segretario del Psi, che si impegnò, per conto della direzione nazionale socialista e del segretario Bettino Craxi, per la liberazione dello statista Dc, avendo come interlocutori due capi di Autonomia operaia: Franco Piperno e Lanfranco Pace. Per il suo prestigio politico Signorile parlava con i massimi esponenti della Dc, del Pci e degli altri partiti. Fu lui che portò avanti la trattativa per la liberazione di Moro per conto di Via del Corso, invece, Piazza del Gesù e Botteghe oscure erano, al contrario, per la fermezza, escludendo, ovviamente, la trattativa. A quel punto, si costituirono, per ragioni diverse, due partiti: quello della trattativa con a capo il Psi e il Partito Radicale di Marco Pannella e quello della fermezza guidato dalla stragrande maggioranza dello Scudocrociato, dal Pci in toto ed dagli altri partiti minori.

La prigionia di Moro durò 55 giorni, dal 16 marzo al 9 maggio del 1978. E fu sballottato come un pacco postale da un luogo all’altro. Alcuni di questi luoghi usati come prigione, in cui fu rinchiuso Moro, hanno delle proprietà sospette e Report cita tra queste il misterioso palazzo dello Ior, in via Massimi 91, con un via vai continuo per via dei numerosi inquilini che ci abitavano. Vero è che ci furono altre abitazioni in cui Moro soggiornò, di proprietà dei servizi segreti italiani. Il governo di solidarietà nazionale, di fatto monocolore Dc, appoggiato dall’esterno da tutti i partiti dell’arco costituzionale compreso il Pci, escluso il Msi, era guidato da Giulio Andreotti. Proprio il giorno in cui Andreotti presentava alla Camera la nuova compagine governativa, per ottenere la fiducia, guarda caso, Moro fu sequestrato.

Moro era per la democrazia compiuta, cioè per l’alternanza, da una parte la Dc, dall’altra il Pci. Qui non c’entra nulla il compromesso storico, perché la politica di Moro non era per niente per un governo col Pci. La vulgata da’ una narrazione fuorviante del pensiero politico di Moro. Vediamo perché ? Tra Moro e Berlinguer era nato un rapporto politico privilegiato e il segretario comunista avrebbe fatto, si fa per dire, carte false, per portare Moro al Quirinale, se non fosse successo l’irreparabile. Tuttavia, entrambi consapevoli che l’obiettivo non era un governo Dc e Pci, bensì, cancellare il «fattore K» o, meglio ancora, far cadere quella sorta di pregiudiziale che passava con il nome di conventio ad excludendum, dimodoche’ il Pci fosse legittimato come forza di governo, per la costruzione di una democrazia dell’alternativa tra i due schieramenti. A questo punto, sorge spontanea la domanda: come mai, il rapporto tra Moro e Berlinguer, da sponde opposte, era tale che lavoravano per cambiare il quadro politico, bloccato dal bipartitismo imperfetto, alla fine, il segretario comunista mantenne la posizione della fermezza che non dava scampo alla liberazione dello statista pugliese? Entrano in campo diversi fattori: l’Unione sovietica, «l’album di famiglia» e «i compagni che sbagliano», la colpa del Pci di aver tradito la Resistenza e chi più ne sa più ne metta. Come a dire che ci furono questioni legate al ruolo dell’Urss e a quelle interne al Pci.

Sul versante internazionale Aldo Moro era sia per una politica di pace in Medioriente sia per un ruolo centrale dell’Italia nel Mediterraneo. In più, era per il dialogo tra Ovest ed Est. Il che significava il superamento di Yalta, divisione del mondo in due blocchi, che neutralizzava di fatto il Patto Atlantico. Una politica che anticipò, per molti versi, quello che accadrà dopo il 1989, con il crollo del muro di Berlino e, di conseguenza, l’avvento della democrazia nei paesi dell’Est europeo sotto lo scacco del comunismo sovietico. Beninteso, la politica estera di Moro trovava la chiara ostilità degli Usa, Gran Bretagna, Francia, Urss e Israele. Ad onor del vero, avemmo un assaggio prima del caso Moro, con Mattei, il 27 novembre 1962 , il presidente dell’Eni, Enrico Mattei, aveva pagato, con la morte nel cielo di Bescapè, per la sua politica terzomondista e di apertura verso l’Unione Sovietica. In questo caso, è d’obbligo una precisazione, Mattei era molto legato al politico pugliese. Fatto sta che coloro i quali hanno portato politiche estere « irregolari» hanno pagato con il sangue: Mattei e Moro, come sono emblematici, per altri versi, il caso Craxi e la persecuzione per Mafia riguardante Andreotti.

Torniamo da dove siamo partiti: rapimento e assassinio di Aldo Moro. Claudio Signorile ebbe di prima mattina una telefonata di Francesco Cossiga, Ministro dell’Interno, che lo invitò, al Viminale, a prendere un caffè. Era il 9 maggio. Mentre Signorile stava con Cossiga, questi ricevette una prima telefonata in cui si avvertiva della morte di Moro. «Si accende il cicalino e dal cicalino la voce», ricorda il vice segretario del PSI. Ci furono due messaggi: il primo: «la macchina rossa dentro eccetera eccetera», subito dopo la seconda: «La nota personalità, linguaggio burocratico del Ministero dell’Interno, per personalità si trattava, evidentemente, di Moro, a quel punto mi dice, mi devo dimettere e io dico: fai bene. Ci abbracciammo», racconta Signorile. Al dunque, l’annuncio della morte del leader democristiano arrivò molto prima, tra le 9,30 e le 10, 30, mentre la telefonata di Morucci al professore Tritto arrivò verso le 12, 30 , in cui Morucci annunciava che il cadavere della nota personalità si trovava in una auto in via Caetani. Sta di fatto che lo Stato fu avvertito molto tempo prima dell’assassinio di Moro. Della telefonata in questione, Morucci e Faranda hanno scritto nella loro «memoria difensiva», «memoria» in chiave ad usum delphini. Come si dice oggidì, ricca di fake news.

Nella mattina del 9 maggio era convocata la direzione della Dc in cui Fanfani avrebbe proposto la trattativa per salvare la vita di Moro. Fatale coincidenza. Anche in questo passaggio dal partito della fermezza a quello della trattativa, c’entra Signorile. Quegli aveva concordato con questi il cambio di atteggiamento politico della Dc.

L’intervista di Claudio Signorile a Paolo Mondani apre un nuovo squarcio di luce sul mistero Moro: l’entrata in gioco dei servizi segreti Statunitensi in parte, la Cia era divisa al suo interno e, in modo «ossessivo» si muoveva quello inglese. C’è da dire che per l’Inghilterra, l’Italia era una sorvegliata speciale.

Chiariamo che il leader socialista tutto quello detto a Report l’ha affermato altresì nelle Commissioni parlamentari di inchiesta sul sequestro Moro. Come detto, anche in quella presieduta da Fioroni e con Grassi commissario. Quindi nulla di inedito e nulla costruito ad hoc per fare un piacere a Sigfrido Ranucci. Vero è che molte sono le mani di servizi segreti stranieri intervenute nel caso Moro, dato che questi, per le grandi potenze mondiali, era un uomo scomodo. Con il caso Moro, alla Prima repubblica venne inferto un colpo che la ferì profondamente e grazie all’ingresso del Psi al governo gli fu data vita. Con Tangentopoli, in cui ci furono anche lì manovre di servizi segreti stranieri, il colpo fu mortale. Vale la pena ricordare il panfilo Britannia della casa reale inglese, in rada nel porto di Civitavecchia in cui si parlò di privatizzazioni. Grasso che cola: la presenza delle Partecipazioni statali nell’economia italiana si aggirava attorno al 40%.

Siamo nel 1974, Henry Kissinger, all’epoca Segretario di Stato USA, in un incontro con Aldo Moro, allora Ministro degli Esteri, avrebbe pronunciato la seguente frase: «Onorevole lei deve smettere di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze del suo Paese a collaborare direttamente. Qui o lei smette di fare queste cose o lei la pagherà cara. Veda lei come la vuole intendere».

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