La lista degli stupri scritta sul muro nel bagno del liceo romano. I manifestanti giovanissimi che devastano la redazione torinese di un giornale lasciando sui muri insulti, minacce. Le babygang di giovanissimi che di «baby» hanno solo il nome perché, se hai la disgrazia di essere preso di mira dal branco, devi pregare che si fermino ai pugni e ai calci senza tirar fuori il coltello.
L’elenco potrebbe continuare: la cronaca di ogni giorno registra fatti criminali riconducibili a giovanissimi. E la riflessione è sempre la stessa: possiamo considerarli ancora ragazzi? Possiamo considerare molti comportamenti pericolosi come «ragazzate»? Buonisti e perdonisti o inflessibili accusatori? Giovani da punire o da recuperare? Parlare e comprendere o punire tout court? Non so e non credo che nessuno abbia una risposta buona per ogni vicenda. Tuttavia sono convinta che si debba tracciare una linea di demarcazione netta tra la peggio gioventù e quella che la subisce prima ancora degli adulti. Perché ogni giorno, a scuola e nei luoghi, nelle situazioni, negli ambienti che i ragazzi frequentano, vivono le prime vittime sono proprio gli «altri» giovani, quelli che non danno fastidio a nessuno. Dunque, prima di ogni riflessione si dovrebbe - si deve- proteggere la gioventù migliore: senza fare di tutta l’erba un fascio.
Il ministro dell’Istruzione, Valditara , considera la lista degli stupri «un fatto grave da sanzionare duramente». Gli studenti chiedono risposte non punizioni. I genitori delle ragazzine prese di mira, pieni di buona volontà, scrivono una lettera e promettono denuncia. Fanno bene? Certo. Hanno tutti una ragione. Ma non si può non considerare che una lista di ragazzine «stuprabili» (tra i nove nomi c’era pure un ragazzo) non è come scrivere sulle pareti dei cessi di scuola una cosa tipo, «Francesca ha un bel culo»: no, è un invito. Una sfida per i più baldanzosi e una minaccia per quelle ragazze. Purtroppo credo che un prossimo piccolo criminale deficiente, pronto ad alzare l’asticella e a raccogliere l’invito, lo si trovi abbastanza facilmente. Ecco: bisogna fargli passare la voglia. A gamba tesa, eppoi parlargli, tendergli la mano della comprensione. Il rischio è che una ragazzina venga stuprata, molestata. E quella ragazzina va difesa, qui ed ora.
Le teste bacate che devastano le redazioni dei giornali, definendo i giornalisti «merda» hanno già superato il gradino che divide la protesta dalla violenza: i giornali si distruggono non comprandoli, non leggendoli, svelandone il mainstream che li pervade. Solo chi non ha argomenti e nemmeno un cervello, ma una sufficiente dose di violenza, può entrare in un luogo chiuso e distruggere ciò che gli si para davanti, rovesciando letame e minacce. Per di più ritenendo di aver fatto la cosa giusta. Quindi: come si possono considerare «ragazzi» quelli che avendo superato il primo gradino, potrebbero accingersi, pericolosamente, a superare anche gli altri? Quale comprensione, per un ragazzetto che la sera esce con trenta centimetri di lama in tasca, ben conscio che un fendente può uccidere? I ragazzi, le ragazze, sono un bene prezioso: il nostro futuro. Per chi ha i capelli bianchi anche il sogno di un mondo per cui battersi e sperare, ancora. Questi e non altri abbiamo il dovere di difendere, qui ed ora. Gli altri vanno puniti prima e aiutati immediatamente dopo, difesi anche: soprattutto da sé stessi.
















