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Creatività e «allegrezza»: la magia del presepe rivive oltre le polemiche

 
Enzo Verrengia

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Enzo Verrengia

Creatività e «allegrezza»: la magia del presepe rivive oltre le polemiche

Vietato vietare il presepe? È la proposta di Fratelli d’Italia che, come da prevedersi, aggiunge benzina al dibattito infinito su un governo tanto gradito quanto avversato

Sabato 23 Dicembre 2023, 13:37

Vietato vietare il presepe? È la proposta di Fratelli d’Italia che, come da prevedersi, aggiunge benzina al dibattito infinito su un governo tanto gradito quanto avversato. Ma, come accade nel circuito mediatico, la velocità delle notizie fa trascurare la necessità di approfondire.

Prima che tenesse banco il Covid con le relative raccomandazioni anti-contagio, le festività erano puntualmente caratterizzate da controversie sul rispetto delle altre culture. Le quali, in sostanza, si riducevano all’Islam, la componente religiosa di maggior rilievo nel nuovo panorama dell’Italia multiculturale e multietnica. Mentre i vertici di quel credo ribadivano che non ritenevano ostile un caposaldo del cattolicesimo. Inoltre, lo zelo di alcuni dirigenti scolastici, così preoccupati di non urtare la suscettibilità degli aderenti alla più numerosa comunità di fedeli dopo quella cristiana, in certi casi appariva dovuto anche a un anticlericalismo di risulta, molto in ritardo sugli anni ‘70. Soprattutto dopo l’avvento di Papa Francesco, più progressista dei progressisti, e acclarato artefice di un dialogo interreligioso, fondato su basi spirituali e teologiche poco o nulla frequentate da presidi e insegnanti più lealisti del re.

Allora bisogna tornare all’oggetto di tale controversia. Afferma Vittorio Sgarbi: «Il presepe, non è un simbolo del male, una contrapposizione di cultura, è un bambino che nasce, è la vita, è la vita, punto!» Non a caso lo fa un critico d’arte, che conosce di prima mano l’iconografia derivata da quando a Greccio, nel 1223, San Francesco si diede a rievocare la venuta al mondo di Gesù di Nazareth con una ricostruzione vivente della natività. L’opera spiazzava i tableaux, i pageants e le allegorie itineranti di un Medioevo già avviato al Rinascimento. Per di più, anticipava le avanguardie teatrali del Novecento e, per certi versi, la realtà virtuale. Non assolutismo, imposizione e supponenza religiosa, quindi, bensì messaggio precocemente globalizzato di un empito verso i valori della redenzione, validi per ogni latitudine e ogni fede.

In Italia, poi, il presepe acquisì una qualità espressiva tutta propria, che dai capolavori pittorici e scultorei sfociò nella tradizione, nell’artigianato e nel turismo dei conoscitori, che non cercano di rivivere sulla scala della classe media le vacanze glamour dei cinepanettoni.

Si prenda San Gregorio Armeno, a Napoli. Lì si ripete il miracolo di una rappresentazione di statuine che riproduce in miniatura i simulacri di Madame Tussaud, con l’aggiunta di una virtù sacrale contaminata e assimilata alla nomenclatura dell’attualità. Ossia le riproduzioni di campioni sportivi, personaggi dello spettacolo, politici anche della scena internazionale. L’invito alla capanna di Betlemme viene trasformato in una reviviscenza del presente, che dall’irruzione degli «strumenti del comunicare», secondo la definizione di Marshall McLuhan, è la quintessenza della civiltà dell’immagine.

Nel 1966, presso il convento di San Matteo, a San Marco in Lamis, l’artista australiano Matteo La Sala, originario del posto e oggi compianto, realizza un presepe che seguita ininterrottamente a suscitare l’incanto dei visitatori. Specie per l’impianto luminario curato dal figlio, Salvatore Bruno. Fu il risultato di una vivace discussione con i monaci, che approdò al rispetto originario di Greccio, escludendo ogni sofisticatezza meccanica.

Si deve infine considerare che il presepe costituisce una prova creativa tutta articolata fra le pareti domestiche. Una volta all’anno i mestieri e le professioni dei genitori vengono escluse o accluse all’impegno di ideazione, progettazione o semplice ricostruzione del plastico divino. Ed ecco riecheggiare le parole di Eduardo De Filippo: «Io faccio il presepe perché quando avevo i figli piccoli, lo facevo… Sapete, era un’allegrezza… E anche adesso che sono grandi, io ogni anno debbo farlo… Mi sembra di avere sempre i figli miei piccoli… Sapete… anche per religione. È bello fare il presepio…»

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