Si può ricorrere al paradosso per spiegare perché la norma «contro lo sputtanamento mediatico» che il centrodestra e i suoi fiancheggiatori di Azione e Italia Viva hanno fatto approvare martedì alla Camera è antidemocratica oltre che controproducente. Il paradosso è questo: un cittadino che ritenga di essere stato ingiustamente arrestato, e dunque voglia professarsi innocente, ha il massimo interesse affinché vengano resi noti (e non nascosti) gli atti contenenti le accuse a suo carico. La trasparenza è sempre la massima garanzia del corretto esercizio del potere giudiziario.
Lo scopo vero di questo blitz è infatti diverso da ciò che ci vorrebbero fare credere. L’onorevole Enrico Costa si era già distinto per aver trasformato il recepimento della direttiva europea sulla presunzione di innocenza nel bavaglio a forze dell’ordine e Procure. Lo stop alla pubblicazione dei contenuti delle ordinanze di custodia cautelare che l’avvocato ex Forza Italia ha fatto inserire nella legge di delegazione europea va esattamente nella stessa direzione, e sorpassa a destra persino le (discutibili) modifiche sulle intercettazioni cui stava lavorando il Guardasigilli Nordio. L’obiettivo però è identico: evitare che vengano rese note le intercettazioni da cui emergono le malefatte dei potenti. La privacy, che in Italia è il telo nero con cui coprire tutto ciò che dà fastidio al potere, viene utilizzata anche stavolta come un manganello per azzoppare il necessario bilanciamento tra i principi costituzionali: l’indagato ha il diritto di difendersi esattamente quanto il cittadino ha diritto di esercitare il controllo democratico sulle istituzioni.
È proprio quello che vuole evitare chi oggi è al governo e definisce «sputtanamento» tutto ciò che preferirebbe tenere segreto. A chi prende tangenti non fa piacere che si venga a sapere che è stato beccato. Eppure quando alle prime ore del mattino si sparge voce dell’esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare, quelli che più insistono con i giornalisti per averne copia sono proprio i politici. Nella cerchia ristretta del potere, a ogni latitudine, le ordinanze girano su Whatsapp come le figurine: continueranno a girare anche domani, ma a quel punto diventeranno strumenti di gossip o all’occorrenza armi di ricatto.
I giornalisti italiani potranno raccontare di un arresto, ma non potranno spiegarne il perché ai lettori. La riservatezza del presunto innocente tanto cara all’onorevole Costa sarà dunque compromessa lo stesso, solo che il cittadino non potrà più sapere, ad esempio, se l’arresto è avvenuto perché l’indagato stava per scappare o perché si è fatto scoprire con la mazzetta in mano. Se questa legge fosse stata in vigore due anni fa, ad esempio, il cittadino avrebbe saputo che a Bari è stato arrestato un giudice ma non avrebbe potuto sapere che quel giudice prendeva i soldi in ascensore e aveva nascosto sottoterra un arsenale. Avrebbe potuto sapere di una retata di politici di centrosinistra a Lecce, ma non avremmo potuto raccontargli che uno di quei politici aveva chiesto sesso in cambio di posti di lavoro. Ed è un divieto che - salvo ci sia sfuggito qualcosa - non esiste in nessun altro Paese europeo. L’Italia ha dunque deciso di allontanarsi dall’Europa e avvicinarsi alla Russia e all’Egitto, dove - per evitare equivoci - i motivi dell’arresto possono essere nascosti anche ai diretti interessati.
L’insofferenza per la libertà di stampa non ha colore politico. Questo Parlamento sta portando avanti un progetto di riforma della diffamazione che la dice lunga su quanto la maggioranza abbia a cuore il diritto di cronaca, ma che non è nemmeno tanto diverso da quello predisposto anni fa da una sedicente maggioranza di sinistra. Ma se il nuovo divieto mirava a non far sapere degli arresti, Costa non ha risolto il suo problema. E se puntava a far spaventare i giornalisti, non servirà nemmeno a quello (la sanzione prevista per arbitraria pubblicazione degli atti è una ammenda di 258 euro). C’è però un problema, un enorme problema di tenuta delle garanzie democratiche che comincerà presto a fare le sue vittime: il silenzio non è una buona cosa, per nessuno.