Vabbè, c’è il debito pubblico e tutti ce lo ricordano quotidianamente. Tuttavia la sua entità non ha impedito alle agenzie di rating di dare fiducia all’Italia anche per via della consistente mole di risparmio privato e un assai limitato debito privato a fronte del quale non pochi sedicenti «frugali» indebitati fino al collo dovrebbero arrossire.
Mettiamola così: il debito pubblico è una sorta di cintura di castità che impedisce scappatelle troppo sconsiderate. Certo, non astinenza assoluta ma almeno un gesuitico Nisi caste, tamen caute.
Cautela, moderazione, misura, in altre parole, «governo» in un arco di oscillazione ragionevole.
Resterebbe da mettere ordine nella giungla burocratico-corporativa che dissangua e asfissia il Paese da molti decenni.
Vaste programme avrebbe detto il generale De Gaulle. Ma, citazione per citazione, «se non ora, quando?» (Primo Levi). D’altra parte l’immane, faticosissimo lavoro tra Roma e Bruxelles per mettere sul binario giusto il PNRR ha un esito ulteriore tutt’altro che secondario: la caduta degli alibi. Anche su questa operazione-verità si registra l’impegno del ministro Raffaele Fitto che s’impone di esternare soltanto a missione compiuta.
Il governo ha fatto la sua parte. L’Unione Europea anche. Ora tocca al Paese - nelle sue labirintiche articolazioni - la responsabilità di trasformare una cospicua quantità di denaro in qualità a tutti i livelli.
Tra l’altro, se la guerra in Ucraina con annessi stravolgimenti energetici ha rischiato di vanificare tutti gli sforzi post Covid, la sua, per così dire, cronicizzazione si sovrappone all’incalcolabilità della guerra di Gaza e non va dimenticato che il Qatar, le monarchie del Golfo, l’Algeria sono l’ultima spiaggia energetica europea.
La lezione della guerra del Kippur (anno 1977, quella delle domeniche a targhe alterne) e l’onda inflazionistica generata dall’aumento del costo del petrolio sarebbe bene non dimenticarla. Fu quell’onda che mise fine ai Trente glorieuses, ormai un lontano ricordo, un mitico capitolo della storia economica europea ed occidentale.
Oggi il fronte dei Paesi produttori di petrolio e di gas è molto diversificato ma Gaza resta un’incognita. Se la partita-Ucraina vede al tavolo da gioco Stati Uniti, Russia e in parte la Cina, nel tragico campo di Gaza le entità sono molto più numerose in un reticolo di ostilità e alleanze ai limiti dell’incomprensibile.
C’è un nesso tra i nostri «compiti a casa» e la catastrofe israelo-palestinese? Allo stato degli atti, no. Ma la faglia tra il Baltico e il Mediterraneo Orientale sta diventando sempre più instabile.
Ci serve quindi un Paese più robusto per navigare in acque che potrebbero diventare molto tempestose.