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Elezioni europee «feudo» dei grandi partiti, la soglia scenda al 2%

 
Pino Pisicchio

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Pino Pisicchio

Elezioni europee «feudo» dei grandi partiti, la soglia scenda al 2%

Troppi voti restano fuori L’ideale sarebbe una rappresentanza senza sbarramento

Domenica 10 Settembre 2023, 15:10

Una furia elettorale europeista sembra scatenarsi già dai primissimi giorni di settembre. Si voterà tra il 6 e il 9 giugno 2024, tra nove mesi esatti, escludendo quello in corso: considerata l’abitudine italiana di consumare le campagne elettorali nell’ultimo mese utile, sembrerebbe una rincorsa lunghissima. E del tutto inusitata.

Vero è che il turno di giugno rappresenterà un banco di prova importante per la presidente del Consiglio, non tanto per la tenuta del suo governo, quanto per la sua personale reputazione europea. L’on. Giorgia Meloni, infatti, è obbligata a vincere per consolidare il suo ruolo di leader internazionale, impegnato nella trasmutazione del suo più remoto patrimonio elettorale in un consenso a beneficio del conservatorismo europeo, quello che parla a bassa voce e recita Adam Smith come fosse una giaculatoria. Probabilmente ci riuscirà, più probabilmente il suo governo non avrà da temere da questo lontano giro elettorale. Forse per l’onorevole Schlein il passaggio europeo potrebbe rappresentare un giro di boa più pericoloso: il suo partito di sinistra/sinistra somiglia assai, per le dinamiche interne, alla Dc della decadenza, quella che si reggeva sul conflitto correntizio. La Schlein è aspettata al varco da una bella compagnia di giro tratta da una scena madre alla Agatha Christie: si pensa all’assassino unico e poi si scopre che la fila dei colpevoli è lunga quanto tutto il cast.

E poi spunta Renzi il 4 settembre, cercando attenzione mediatica - lui che maneggia con sapienza quasi berlusconiana lo strumento della comunicazione - con l’annuncio della candidatura alle elezioni del giugno 2024: non era poi così difficile immaginarlo per chi deve tenere il punto dall’opposizione, con un partito stretto-stretto e gli spazi già occupati dappertutto.

Infine i rumors sulla riforma della legge elettorale europea, che raccontano la vertigine d’ indeterminatezza in cui versa la politica italiana. Mentre si argomenta da un lato della riduzione dello sbarramento al 3%, si propone, dall’altro l’abolizione di uno dei residui baluardi della democrazia elettorale italiana, il voto di preferenza. Il punto è che entrambi i lati stanno nella stessa maggioranza di governo.

In fondo la chiave di tutto è lo sbarramento, che, a valutarlo con i sondaggi elettorali di oggi, riguarderebbe Azione, sondata al 3,5%, i Verdi e la Sinistra uniti, al 3,3%, Italia viva al 2,8 % e +EUROPA, al 2,6 % (sondaggio SWG per La7, del 4 settembre). Allora varrebbe la pena di ricordare - a noi stessi, ovviamente - a che serve quell’asticella che nelle competizioni elettorali viene alzata per impedire l’ingresso nelle assemblee delle formazioni politiche minori. Serve, essenzialmente, a garantire che non ci sia dispersione, incoraggiando il più possibile le convergenze per governi più forti e più coesi. Si dice che serva soprattutto per la «governabilità», mentre l’assenza di asticelle garantisce il principio della «rappresentanza», cioè l’idea che le culture politiche più rappresentative debbano poter contare su una loro presenza. Il punto è che la «governabilità» non c’entra nulla con il Parlamento europeo, che è un contenitore di «rappresentanza» e non deve esprimere governo.

Nel 2009 i partiti italiani «maggiori» fecero un blitz, portando l’asticella dello sbarramento dallo zero al 4%. Per capirci: nell’ultima elezione europea (2019) quell’asticella lasciò fuori dalla rappresentanza parlamentare più del 10% dei voti popolari, pari ad oltre 10 seggi, che furono così ripartiti tra le liste che avevano superato lo sbarramento. È chiaro come funziona? Allora facciamo una modesta proposta: se proprio si vuol mettere mano alla riforma perché non muoversi nel solco della decisione presa nel 2018 (la 994) dall’UE che sposta verso il basso lo sbarramento minimo, portandolo al 2%? L’ideale sarebbe una rappresentanza senza soglia, ma visto che anche il proporzionale perfetto già ne contiene qualcuna implicita, almeno questa sarebbe più decente. E in linea con l’Europa. E, per favore, non rubiamo la preferenza agli elettori anche qui come già abbiamo fatto per il Parlamento italiano. Lasciamo allora tutto così com’è, per un minimo di decenza.

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