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Il popolo di Silvio potrebbe ritrovarsi ancora sotto un Berlusconi

 
Pino Pisicchio

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Pino Pisicchio

Il popolo di Silvio potrebbe ritrovarsi ancora sotto un Berlusconi

Magari un volto più giovane per gli elettori di Forza Italia, ma spinto dalle stesse motivazioni del padre

Domenica 18 Giugno 2023, 13:57

Se la qualità politica universalmente riconosciuta a Silvio Berlusconi è stata quella del comunicare, attraverso la traslazione del modo dal marketing commerciale a quello politico, non si potrà non riconoscere che la sua apoteosi si è celebrata proprio nei giorni del suo distacco, raccontato a reti unificate con una solennità pari solo a quella che il Regno Unito ha concesso al funerale della regina Elisabetta, solo con qualche capo di stato in meno.

Credo che da lassù, dove oggi si trova, il Cavaliere, che certamente non ha mai preferito l’understatement, avrà avuto modo di apprezzare: è andata come sarebbe piaciuta a lui. I commentatori togati registrano nell’elaborazione collettiva del lutto celebrata con particolare cura del riverbero televisivo, una sorta di consacrazione dei «quanti» di nobiltà a beneficio del centro-destra a guida Meloni. Una specie di passaggio di consegne. E ovviamente l’informazione pullula di domande del tipo: «E adesso che ne sarà di Forza Italia?», «si spaccheranno per lasciare un pezzo al Terzo Polo e un altro alla Meloni?», oppure: «Che benefici potranno avere le opposizioni?». Dal 12 giugno non c’è posto per altro nel dibattito pubblico che, nella furia di commentare l’immediato, come sempre inciampa sulle prospettive.

Certamente Berlusconi è un unicum, irripetibile. Un outsider assoluto nella politica che, utilizzando a suo vantaggio le regole elettorali e lo sterminio delle classi dirigenti fatto da altri, ha imposto le sue regole concorrendo a far scendere di qualche gradino la qualità del discorso pubblico, portandolo a livello «emozionale» piuttosto che «razionale». Come si addice al mestiere della comunicazione, appunto. Dal punto di vista antropologico ha saputo interpretare un certo esprit dell’italianità presunta incastonato nei capolavori di Risi, Monicelli, Sordi, solo che quei registi dotavano i lungometraggi di un testo e di un sottotesto, mentre lui ha operato essenzialmente col testo. Insomma: una inarrivabile sinfonia di «politica pop».

E questo resterà nella vita pubblica italiana, perché, dopo la fine dei partiti e il consolidamento di leggi elettorali poggiate sulla cooptazione, le nuove classi dirigenti, formate a questo insegnamento, non conosceranno altro. E questo cambia il senso della domanda su che sarà di Forza Italia: i cooptati in parlamento potranno pure disperdersi seguendo la scia del cuore (o di altri orizzonti anatomici) per salvarsi al prossimo giro elettorale, ma il popolo di Berlusconi è un altra cosa. E quel popolo non ha nell’immediato neanche l’occasione per riversare in politica l’appartenenza affettuosa al leader scomparso: le prime votazioni significative saranno l’anno venturo per le Europee. Troppo lontane per poter apprezzare un effetto simile a quello che ebbe la scomparsa di Berlinguer una settimana prima delle Europee del 1984 e che segnarono lo storico sorpasso della Dc. Il popolo di Forza Italia, in verità, potrebbe ritrovarsi ancora sotto il nome di Berlusconi. Più giovane, stavolta, ma spinto dalle stesse motivazioni del padre. E forse potrebbe non essere solo un’inerzia: dopotutto lo stile della famiglia in questo frangente doloroso è apparso più sobrio di quello delle tv e molto attento a mantenere un contatto col popolo.

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