Mercoledì saranno sedici, ma l’emozione resta quella di sempre, anche se l’anagrafe segna… qualche anno in più.
Ricordo che ero un ragazzino quando per la prima volta riuscii a salire sul palcoscenico più ambito per tutti i cantanti italiani. Era un «Sanremo Giovani»: quello del 1965 e cantavo «Devo dirti di no». Ricordo come fosse ieri quei momenti, il confronto con i «big» e l’impatto che può avere quel palco su un ragazzo di 22 anni che arrivava da Cellino San Marco.
Poi, la prima esperienza da professionista. Sulla scia del successo di «Nel sole» dell’anno precedente, portai a Sanremo «La siepe»: un pezzo che mi è rimasto decisamente nel cuore e che ancora oggi propongo nei miei concerti. Quel nono posto ottenuto, per me fu come una vittoria: unita al premio della critica intitolato a Luigi Tenco. Un riconoscimento che – oggi come allora – aveva un valore davvero molto particolare, non fosse altro perché espressione degli addetti ai lavori.
Da allora, tra Casinò e Ariston – al festival dei fiori (come si usava chiamarlo qualche anno fa) ho vissuto la magica atmosfera del mio «natale laico» per altre quindici volte dopo il 1965, ospitate escluse, l’ultima avvenuta proprio grazie ad Amadeus nel 2020.
Mercoledì, dunque, si torna ancora una volta come ospite, ma questa è diversa come per verità ogni volta in riviera è… diverso e non solo perché cambiano le canzoni. L’unica cosa sempre uguale è l’emozione, unita all’adrenalina, che ti fa vivere sempre un momento magico.
Non posso anticiparvi nulla di quello che accadrà sul palco ma, come ha annunciato Amadeus, con me ci saranno due miei vecchi amici (vecchi nel senso che siamo amici da tanto, tanto tempo).
Il sogno di cantare insieme con Massimo Ranieri e Gianni Morandi lo inseguivo da sempre. Anni fa ho anche proposto ai due colleghi-amici di fare insieme una tournée nei teatri di tutta Italia. Un progetto però, che per un motivo o per l’altro e per i nostri rispettivi impegni non è si è mai concretizzato. Mi è capitato di cantare con Morandi e con Ranieri, separatamente, ma l’occasione di farlo tutti e tre insieme ancora non c’era stata.
Poi, arriva Amadeus e riesce laddove noi non eravamo mai riusciti. Con Gianni e Massimo ci siamo subito sentiti e devo dire che tutti abbiamo accolto con entusiasmo la proposta del direttore artistico di questa 73.ma edizione del Festival di Sanremo.
Sono sicuro che faremo qualcosa di bello, raccontando le nostre storie musicali, ricordando le nostre esperienze e le nostre canzoni.
Non ho mai avuto dubbi: il festival di Sanremo resta la vetrina più importante della musica italiana.
Tutti noi siamo in debito con tale evento che ha fatto conoscere la «nostra» canzone in ogni parte del mondo. Da qui sono «partiti» tutti i più grandi artisti: cito Domenico Modugno, ma potrei fare decine e decine di esempi ancora: da Ramazzotti a Giorgia, passando per Bocelli e Vasco Rossi, Zucchero e tanti altri per non parlare di chi ora va per la maggiore in tutto il mondo: i Maneskin.
Anche loro, sentendosi in qualche modo in debito con Il festival, quest’anno tornano.
Riguardo il festival «targato» Amadeus, posso dire che adeguando lo spettacolo ai tempi moderni con l’inserimento di tanti giovani, il fantasanremo e qualche pillola di storia musicale italiana, il direttore artistico si è assicurato ascolti da record. A Sanremo, anche grazie a lui, negli ultimi anni si sono avvicinati giovani e giovanissimi che prima snobbavano questo appuntamento e ora invece non perdono il festival perché sul quel palcoscenico trovano i loro beniamini. Evviva Sanremo.