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Metti una sera a Bari a parlare di Iran attraverso un film

 
Enzo Augusto

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Enzo Augusto

Sulla testa delle donne pesa il «velo» voluto dalla Storia

Presentazione all’Esedra del film Gli orsi non esistono, e manifestazione di solidarietà con la lotta delle donne e dei giovani contro il regime degli Ayatollah

Sabato 15 Ottobre 2022, 16:36

Bella iniziativa organizzata dalla «Giusta Causa» giovedì 13 ottobre a Bari. Presentazione all’Esedra del film iraniano «Gli orsi non esistono», in prima visione e, nell’occasione, manifestazione di solidarietà con la lotta delle donne e dei giovani iraniani contro il regime degli Ayatollah.
L’effetto evento ha portato in sala oltre 300 spettatori, risultato che il film di Panahi, senza evento, non raggiunge nemmeno se resta un mese in programmazione. Merito della «Giusta Causa» e della sua capacità di mobilitazione per cause nobili, oltre che giuste. Un’iniziativa meritoria, quindi, oltre che per la programmazione di un film d’autore, anche, e soprattutto, per il sostegno a una lotta forte e coraggiosa. E per sottolineare come siano oggi le donne in prima fila nelle battaglie di civiltà, di progresso e di libertà.
In Iran, con veli bruciati e capelli al vento, in Afghanistan contro il regime dei talebani, nel Kurdistan contro l’Isis. Forse un Nobel per la pace a queste eroine sarebbe stato più giusto e meno strumentale. Non ci ha pensato nessuno?
La serata si è aperta con un filmato delle manifestazioni a Teheran. Bella ciao in iraniano, come l’ho sentita in libanese a Beirut in rivolta, nell’autunno del 2019. Ormai inno internazionale di resistenza di ribellione. C’è poi stata una introduzione tutta al femminile. Michele Laforgia, l’artefice, in secondo piano con stile e understatement, ha lasciato la ribalta a una rappresentante delle donne iraniane. Pubblico di gauche elitaria. Ceto medio riflessivo, ipercritico e combattivo. Una rispettabile ed elogiabile sacca di resistenza culturale (ce ne fossero di questi tempi). Una precondizione utile per un discorso politico.
Il film? Si potrebbe dire ciò che cantava Lucio Dalla di un complesso cileno all’epoca in voga (ma ancora oggi in giro per maturi aficionados), cito a memoria «gli Inti Illimani, che noia mortale, sono più di vent’anni che si ripete tutto uguale». Con ciò suscitando lo sdegno, ma anche qualche dubbio, tra chi alzava il pugno chiuso al momento di el pueblo unido jamas serà vencido. Anche il cinema iraniano si ripete molto uguale. Panahi oggi come Kiarostami ieri. Lentezza (senza alibi di elogio), polvere, pietre, strade dissestate, auto da rottamare, case diroccate. Il protagonista autobiograficamente gira un film da remoto, come infatti fa lo stesso Panahi, probabilmente con la benevolenza e il metus reverenziale del regime, e così fa incetta di premi (che ai dissidenti non vengono lesinati, la dissidenza avendo spesso la meglio sul valore artistico).
Fine nel film, oltre un filmino amatoriale, che non è certo una novità. Recitazione enfatica e teatrale, facce antiche, vita di villaggio, riti ancestrali, cultura arcaica. Medicina alternativa e fobia delle foto (rubano l’anima). Il computer non ha campo, come il telefonino del film di Kiarostami 25 anni fa (Il sapore della ciliegia con i suoi interminabili percorsi in auto su sterrato).
Ma la partecipazione all’evento e il suo valore fanno passare in secondo piano la valutazione del film che, ad onta della mia trascurabile opinione, ha vinto comunque il Leone d’oro per la regia all’ultimo festival del Cinema di Venezia e gode di buona stima da parte dei critici veri.

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