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Energia: il sole e il vento ci possono liberare dalle vecchie dipendenze

 
Angela S. Bergantino

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Angela S. Bergantino

parco eolico

La dipendenza della nostra società dalle forniture da Paesi non affidabili, o che hanno politiche che non vogliamo finanziare con i nostri acquisti, dovrebbe fornire una spinta ulteriore verso la decarbonizzazione e gli investimenti in rinnovabili

Giovedì 28 Aprile 2022, 14:38

La vittoria di Emmanuel Macron alle recenti elezioni presidenziali francesi ha scongiurato il pericolo che il processo di integrazione politica europea possa interrompersi, se non addirittura avere termine.

Questo passaggio fondamentale per il futuro del progetto di Unione è avvenuto nei giorni tragici della crisi ucraina, trent'anni dopo il ritorno della guerra nel cuore dell'Europa e i conflitti che hanno insanguinato i Balcani post-jugoslavi.

Ma l'invasione russa dell'Ucraina non ha solamente, e di nuovo, messo in luce le debolezze dell'Unione sotto il profilo della politica estera e della capacità di presentarsi con una voce unica sullo scenario della geopolitica. Ha anche portato nuovamente alla luce, e riproposto in termini inaspettati e ancora più urgenti, il tema della sostenibilità ambientale dei nostri sistemi produttivi e di quella energetica delle nostre società.

Prima del precipitare degli eventi nell'Europa centro-orientale, il Recovery Fund post-pandemico ha stanziato ingenti risorse per i Paesi europei che intendono accelerare il processo di transizione energetica e l'abbandono, nel volgere di qualche lustro, della dipendenza dai combustibili fossili. Il fatto che la guerra abbia cambiato gli scenari delle relazioni commerciali in questo settore non fa tuttavia venir meno la necessità di pensare a questa transizione in termini più che reali, dati i cambiamenti, ormai riconosciuti da tutti come pericolosamente irreversibili, nel clima terrestre, a meno che a livello planetario non si proceda speditamente verso l'abbandono delle fonti energetiche tradizionali.

A tale urgenza, la guerra ha aggiunto una nuova preoccupazione, da parte dell'Europa, soprattutto quella centrale lungo l'asse tedesco-italiano, riguardo alla possibile, se non probabile, interruzione delle forniture di combustili provenienti dalla Russia. Da domani tocca a Polonia e Bulgaria, chi verrà dopo?

La reazione dei governi europei, pressati dalle opinioni pubbliche, anche in vista di un proseguimento del conflitto dopo l'estate, è stata quella di individuare canali alternativi di approvvigionamento. Ciò non può che essere positivo, perché la dipendenza da un unico fornitore è in qualsiasi campo economico una condizione negativa, ma i termini generali del problema non mutano, vale a dire la dipendenza di Paesi ad economia matura dai combustibili fossili.

Si sta insomma assistendo ad una sorta di paradosso, qualcosa che assomiglia al famoso "dilemma del prigioniero", il gioco di logica in cui ogni soggetto è prigioniero della condizione in cui si trova e non ha apparentemente vie d'uscita. I paesi come l'Italia dipendono dal gas e dal petrolio russo, non possono farne a meno, tuttavia se fossero in grado, vi rinuncerebbero volentieri.

La dipendenza della nostra società dalle forniture da Paesi non affidabili, o che hanno politiche che non vogliamo finanziare con i nostri acquisti, dovrebbe fornire una spinta ulteriore verso la decarbonizzazione e gli investimenti in rinnovabili. Invece si sta assistendo al fenomeno opposto, alla prospettiva di dilazionare la chiusura delle centrali a carbone e di assicurarsi combustili tradizionali per un buon numero di anni a venire, cambiando fornitori.

Se la parola crisi, come ci insegna l'alfabeto cinese, contiene in sé anche il significato di opportunità, bisogna cercare tutte le soluzioni tecnologiche e politiche che consentano di trasformare questo tragico conflitto in un'occasione virtuosa per accelerare il processo di transizione energetica e non, invece, per tornare sui nostri passi.

L'Italia ha a disposizione condizioni eccezionali per procedere lungo tale strada, e se è necessario, il Piano di Ripresa e Resilienza va adattato o riconvertito. Gli sforzi vanno raddoppiati, eliminando le strozzature burocratiche e politiche che rallentano la ripresa del processo di decarbonizzazione, mantenendo sempre alto il livello di guardia per le questioni ambientali e paesaggistiche.

In particolare, sono le regioni del Sud ad avere a riguardo delle potenzialità ancora largamente inespresse. Oltre a pensare al gas e petrolio russi che ci verranno a mancare, bisogna pensare sempre più al sole e al vento di cui nessuno ci può togliere la disponibilità.

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