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La guerra e la sua antitesi, perché c’è «Z» e «Z» anche nella cinematografia

 
Sergio Lorusso

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Sergio Lorusso

La guerra e la sua antitesi, perché c’è «Z» e «Z» anche nella cinematografia

Il regista Michel Hazanavicius e il suo film col titolo rivisto

Le bombe arrivano al Festival del cinema: il film d’apertura della 75^ edizione cambia titolo in corsa: da «Z (Comme Z)» in «Coupez!»

Mercoledì 27 Aprile 2022, 15:04

E così la guerra arriva a Cannes. Il film d’apertura della 75ª edizione del celebre festival cinematografico, in programma il 17 maggio, difatti, ha cambiato titolo in corsa, trasformato da «Z (Comme Z)» in «Coupez!». La decisione è del regista Michel Hazanavicius, e segue alle proteste dell’Ukraine Institute, rappresentante nel mondo della cultura del Paese inopinatamente aggredito dalla Russia. Naturalmente il film nulla ha a che fare con il terribile conflitto scatenato da Putin, e la «Z» non si riferisce ai tank e agli altri mezzi militari così siglati dell’esercito russo. Più semplicemente, come lo stesso regista ha dichiarato alcuni giorni orsono, riflette il contenuto della pellicola, una commedia che ha come protagonisti degli zombi e che riecheggia un B-movie, chiamato in Francia serie Z.

Tutto risolto, dunque? Non proprio, se è vero che pur essendo assurta ultimamente la lettera «Z» a simbolo negativo, il fattore «Z» a segno del potere nella sua accezione più deteriore, a emblema della ferocia e della crudeltà che l’esercito russo sta dimostrando sul campo da oltre due mesi, si finisce – a voler continuare su questa strada – per espropriare il nostro alfabeto di una lettera (anche se è solo l’ultima), peraltro non presente in questa forma grafica nell’alfabeto cirillico. Per ragioni che non sono del tutto note – inizialmente con ogni probabilità per consentire alle truppe di riconoscere i mezzi militari amici – gli scenari di combattimento si sono riempiti di questo segno, anche se non è chiaro cosa voglia dire, per poi diffondersi un po’ dappertutto a contrassegnare i filo-putiniani o, comunque, chi è favorevole alla guerra. E non solo in Russia.

Giusto alla vigilia del 25 aprile il pentastellato Vito Petrocelli, presidente della Commissione Affari esteri del Senato, ha pubblicato uno sconveniente e imbarazzante tweet in cui ha augurato una «buona festa della LiberaZione…», con tanto di ultima lettera dell’alfabeto maiuscola in perfetto stile putiniano. Caso ovviamente lontano anni luce da quello del film francese reintitolato. Qui, difatti, ci troviamo di fronte a una persona che riveste un importante incarico istituzionale, peraltro strettamente inerente alla vicenda bellica. E da cui ci si aspetta un dignitoso passo indietro. Che invece un’opera intellettuale debba piegarsi all’uso strumentale di un segno grafico, che non è un marchio e non rappresenta alcuna azienda, istituzione o regime, significa manifestare debolezza nei confronti di chi si vuole combattere. Il titolo di un’opera cinematografica, letteraria, musicale o teatrale – di quelle, insomma, che vengono definite opere dell’ingegno in cui si esprime la creatività delle persone – è parte essenziale della stessa, ne rappresenta il segno distintivo (tanto da godere di una speciale protezione giuridica a livello di diritto d’autore).

Ora, se è vero che il titolo di un film spesso varia a seconda del Paese in cui il film viene distribuito – ed è il caso della pellicola in questione (titolo internazionale «Final Cut») –, ciò non significa che la sua scelta sia casuale né tanto meno indifferente. E cambiarlo, pur se sotto la spinta di eventi eccezionali, non è certo una vittoria per la libertà d’espressione. A parziale risarcimento, si potrebbe suggerire agli organizzatori del Festival di chiudere la manifestazione con un fuori programma, con un’altra «Z» cinematografica, quella del film di Costa-Gavras «Z - L’orgia del potere» (1969), che i più attempati sicuramente ricorderanno e che andrebbe visto da tutti. È la storia – tratta da una vicenda realmente accaduta in Grecia – di un torbido intreccio tra potenti e forze estremistiche, cui cercano inutilmente di contrapporsi la giustizia e i cultori della democrazia: a prevalere sarà l’anima reazionaria del Paese, con un colpo di Stato che instaurerà la dittatura. Vincitore del premio Oscar per il miglior film straniero e premiato a Cannes, il film fa sua un’accezione della «Z» differente da quella dei nostri giorni, ed anzi agli antipodi: quella del verbo greco «vivere». L’esatta antitesi della guerra. Perché c’è «Z» e «Z».

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