Ha chiuso gli occhi per sempre Cesira Pardini, un nome che a molti non dirà nulla. Ma con quegli occhi Cesira aveva visto un orrore che oggi è nei libri di storia, l'eccidio nazifascista di Sant’Anna di Stazzema, in Toscana. Una strage vergognosa, un massacro di 560 innocenti che fu un atto terroristico premeditato, come è stato poi accertato dalla magistratura militare.
Bisogna raccontare di nuovo la scena, per non dimenticare: è il 12 agosto del 1944 e nel piccolo paese della Versilia entrano i soldati tedeschi. Il paese è zona bianca e ospita gli sfollati, quelli che oggi in Ucraina percorrono i cosiddetti «corridoi umanitari» e poi trovano le bombe, gli agguati, la morte. A dimostrazione che la guerra è sempre uguale a se stessa.
Ma torniamo al 1944. Cesira ha 18 anni, esce dalla sua casa e vede la madre bloccata contro il muro da un nazista armato che le punta una pistola alla tempia: la donna ha in braccio la sorellina Anna e accanto ci sono le altre sue bambine, Maria, Adele, Lilia e un amichetto. Sono terrorizzati, immobili, non respirano. La madre di Cesira riesce a gridare implorante «Pietà, abbiate pietà di queste creature», ma i soldati puntano le armi. Anche Cesira è sotto tiro, ma in un attimo riesce a trascinare sotto di sé due delle sorelle e l'altro bambino. E poi scappa, scappa velocissima con loro. Più tardi vedrà i corpi straziati dai colpi: sua madre, la sorella più piccola – di appena venti giorni - uccisa tra le braccia materne e l'altra sorella ancora, Maria. Con loro, un paese intero massacrato, gente che era arrivata dalle città bombardate per cercare salvezza e che lì ha vissuto l’orrore, le fucilazioni, le rappresaglie, il massacro.
Per il suo atto di eroismo, per aver salvato due sorelle e l’altro bambino, Cesira Pardini ha ricevuto la medaglia d’oro al merito civile. Ieri la sua scomparsa, all'età di 96 anni, ha squarciato i ricordi di questa carneficina.
Chi ha seguito nei decenni la vita dedicata alla pace di questa donna coraggio, testimone oculare sopravvissuta chissà come all'orrore, racconta che nonostante l’età Cecilia non perdeva colpi nella sua memoria. Ha sempre ricordato ogni particolare di quello sterminio familiare e sociale, dicono. Ed è comprensibile: la violenza non si dimentica, non ci sono lutti da elaborare, ci sono solo l’atroce realtà, i corpi dilaniati, il silenzio della morte. Il delitto e il castigo, tanto per citare (non a caso) il russo Dostoevskij, perché durante un conflitto - in qualsiasi era storica ci si trovi - l’assioma di Sartre non tramonta: «Quando i ricchi si fanno la guerra, sono i poveri che muoiono». E alla fine perdono tutti.