«Cosa prova Cassandra che da quasi tremila anni non viene ascoltata nelle sue predizioni? E’ stanca, lo dice: sono stanca di rinascere e di tornare. Lasciatemi andare. Lasciatemi tornare alla terra… ». Sonia Bergamasco tira fuori dalla sua pelle di attrice teatrale la Sacerdotessa visionaria della mitologia. Resurrexit Cassandra è il monologo che l’artista milanese porta in scena domenica 28 agosto a Lucera per il cartellone Estate| Muse | Stelle. «La Cassandra che risorge è un’invenzione legata al personaggio architettata dall’autore del testo Ruggero Cappuccio. Cassandra risorge, si ricompone col suo corpo teatrale, si ricostruisce con i pezzi che sono le sue arti. In quest’opera la donna premonitrice per eccellenza delle pagine mitologiche ritorna sulla scena con il diritto che le è stato negato: essere creduta».
La figlia di Ecuba e di Priamo, la quale viene presa per pazza quando ammonisce i Troiani a non trascinare entro le proprie mura il cavallo di legno abbandonato dai Greci sulla spiaggia, attraversa sulla scena cinque stazioni nelle quali discorre rivolgendosi all’umanità: nebbia, vento, fuoco e fumo, vapore, pioggia. Sono gli elementi di quel pianeta sul cui rischio di deriva viene gridato da più «Cassandre» nel mondo odierno. Di fatto sul proscenio spicca un’opera frutto di quella sensibilità contemporanea del regista fiammingo Jan Fabre. Un artista di una ricerca visiva portata all’estremo, oltre le mura espressive, come dimostrò nel 1984 alla Biennale di Venezia quando presentò Il potere della follia teatrale lungo cinque ore che svelarono il suo stile comunicato «crudele». Sì perché l’arte ha il potere di scavare a fondo, in quelle radici che mantengono in vita ancora la terra «deturpata dall’uomo - sottolinea Bergamasco - sin dalla mitologia alla vera epoca contemporanea. Allora il grido di Cassandra è anche alle orecchie di noi attori di una realtà tragica, ospiti di un luogo bello, fertile e accogliente. Ma se esageriamo, il pianeta ci si rivolterà, perché più forte di noi».
Il tema dell’origine del mondo vibra in Sonia Bergamasco, come dimostrano due precedenti opere teatrali ispirate dentro un fitto carnet da lei ideato: la favola nera dell’ucraina deportata ad Auschwitz Irène Némirovsly Il ballo e L’uomo seme, dal potente testo sull’armonia perduta scritto a 84 anni, nel 1919, da Violette Ailhaud. La forza calamitante dell’attrice prende origine da quel teatro «dove sono nata, dal Piccolo della mia Milano», dove debuttò per Giorgio Strehler nell’Arlecchino servitore di due padroni, a cui seguì il Pinocchio di Carmelo Bene anima premonitrice di un teatro visionario di Bergamasco. Lei che ondeggia sul confine tra teatro e cinema, nel quale si intreccia a personaggi carichi di emotività come la terrorista psicolabile Giulia per Marco Tullio Giordana ne La meglio Gioventù per cui è Nastro d’Argento nel 2004 e la Marta del discusso Musikaten di Battiato. Su quel filo tra grande schermo e tramezzo Bergamasco si sente in equilibrio o è combattuta? «Il teatro è valore necessario della mia vita - risponde alla Gazzetta -, forte nella sua dimensione minoritaria ma in forte presenza comunitaria. Senza nulla togliere al cinema e alla buona televisione. Non sento nessun tipo di frattura, perché il lavoro di attrice che si declina in vari modi. La mia primissima formazione è musicale, il mio alfabeto è quello. Sapere suonare uno strumento e articolarlo. Questa è l’essenza dell’interpretazione».
Dal debutto del giugno 2021 al Teatro Grande di Pompei «il luogo adatto dove il mio personaggio si è sentito abbracciato dagli elementi» alla quinta replica di domani al teatro Garibaldi di Lucera dove l’evento è stato spostato (dall’Anfiteatro) per ragioni metereologiche preventive. «Cassandra vivrà nel mio luogo dell’anima». Si perché Lucera è la città che racchiude una parte delle origini del marito di Sonia Bergamasco, l’attore Fabrizio Gifuni, anima del dietro le quinte del cartellone Estate| Muse | Stelle. Gifuni uomo di vita e anche di copione di Bergamasco, come è capitato in diversi pellicole come L’uomo della Speranza di Liliana Cavani. Un titolo profetico, direbbe Cassandra.