Come stai Rosanna ? Purtroppo male, mia cara, il periodo non è dei migliori, e mi sento sola più che mai –.
Non tarda, Rosanna, a rispondermi al telefono, e una tristezza repentina mi prende il cuore.
– Questi mesi di prigionia mi pesano sempre più. Il Covid mi ha portato via Antonio e non riesco a rassegnarmi –.
Ci siamo ritrovate per caso, Rosanna e io, grazie a un convegno ad Altamura, in cui, scorrendo il programma, ero stata colpita dal nome di un convegnista proveniente dalla sua cittadina nel Salento.
Dopo alcune ricerche mirate, ero riuscita a ritrovarla, finalmente, e a contattarla.
Ritrovare Rosanna era stato per me acciuffare il filo di una matassa alquanto ingarbugliata, che aveva le sue radici nella giovinezza, quando per alcuni anni eravamo rimaste a studiare in un pensionato per studentesse, condividendo tante esperienze goliardiche, anche interessanti e formative.
Rivedersi dopo tanti anni ha riacceso in noi entusiasmo, calore e affetto, e abbiamo ripreso le nostre frequentazioni, che si verificavano sempre nel suo territorio.
E scenari bellissimi si sono aperti ai nostri occhi con spiagge di sabbia purissima a Gallipoli, la chiesetta di Casaranello con i suoi mosaici, e colori variegati che, in una immensa tavolozza, si modificano dal topazio, al rubino, allo smeraldo, allo zaffiro.
Insieme abbiamo visitato la Vergine del Canneto e il tempietto della Purità, con la piccola facciata tutta bianca e il campaniletto a vela, dalla cornice curvilinea. Il giorno in cui siamo andate a Otranto, abbiamo persino fatto il bagno.
Rosanna mi ha fatto gustare ancora una volta i pasticciotti leccesi, nonché i fruttoni, senza farmi mancare le pitte che, golosa come mi ritrovo ad essere, ho apprezzato non poco.
Ci siamo incontrate più volte, raccontandoci la nostra vita, le nostre sensazioni, i nostri affetti. E ogni volta la gioia ha affondato le sue radici nella poesia del ricordo. Il telefono poi ci aiutava a mantenere vivo il fuoco dell’amicizia.
Dopo qualche tempo, Rosanna mi informa per telefono che frequenta Antonio, anch’egli solo, dal punto di vista sentimentale, e con due figli ormai grandi e indipendenti.
– Sai, mi dice emozionata oggi, mi ha regalato due anni di felicità, mi ha colmata di tenerezza –.
Sono stata felicissima per lei, che per tutta una vita non ha avuto un partener, non ha provato le gioie dell’amore.
Una mattina, sempre per telefono, Rosanna mi fa:
– Stiamo pensando di andare a vivere insieme, perché la solitudine non è bella per nessuno –.
Ricordo la ragazza che Rosanna era allora, negli anni sessanta: indossava sempre coordinati eleganti e sobri, e complementi altrettanto accattivanti. La sua pettinatura spigliata, con i capelli portati tutti da un lato, la faceva somigliare un po’ a Mina, anch’essa bruna. Quando poi si chiacchierava, sembrava che lei cantasse, per quel suo accento salentino, che la rendeva unica fra tutte.
Negli anni di convivenza con Antonio, Rosanna è stata davvero felice. Mi raccontava la sua gioia nel prendere un caffè insieme e nel gustare i dolcetti preparati da lei. La gioia di prendere parte a un seminario o a una tavola rotonda, giacché per una vita avevano insegnato la stessa disciplina. La gioia di andare insieme al cinema, di seguire il film mano nella mano e di discuterne a casa.
Insieme avevano poi riscoperto alcuni caratteri del Salento, come di tutta la Puglia, e si erano incantati ad ammirare l’acqua e le scogliere tra i due mari della punta estrema, la stessa acqua che prima si cela e poi zampilla fra zolle di terra arida. E poi la pietra, e le grotte, e gli anfratti. La stessa pietra che, modellata dall’uomo, si trasforma in una conchiglia, in una voluta, in una ghirlanda. Insieme avevano apprezzato scenari pittoreschi, multicolori, vivaci, ma anche bizzarri.
* * *
A un certo punto, subdolo, strisciante, latente, è arrivato il Covid, insidioso e pericoloso.
Il Covid imponeva il distanziamento, la prudenza. Ci si doveva cautelare. Bisognava prendere delle precauzioni. Ma come poteva Rosanna, lei che da sempre aveva sognato l’amore, cautelarsi dal suo compagno? Decidono quindi di andare a vivere in casa di Antonio, una casa al limite dell’abitato, dove possono godere delle comodità che offre un giardino, dove Antonio potrà continuare a curare i suoi fiori e la sua collezione di piante grasse, mentre Rosanna penserà alla grande casa e a qualche sfizio in cucina.
Sopraggiunge l’estate, il Covid allenta la sua morsa, e in giardino la frutta si fa abbondante. Rosanna, felice di tanta abbondanza e del suo cesto ricolmo, perde l’equilibro e rovina in una disastrosa caduta. La felicità subisce, anch’essa, un forte scossone. Ospedale. Riabilitazione. Un vero disastro.
Rosanna, ancora fiduciosa nella vita, è costretta a prendere in casa una collaboratrice, che dovrà aiutarla nella conduzione domestica.
La cosa dura fino all’autunno inoltrato, quando la colf dichiara che nella sua famiglia c’è un componente positivo al Covid.
Distanziamento. Prigione per tutti, angoscia.
Rosanna non è ancora autonoma, e Antonio la soccorre e l’aiuta in tutti i modi, dimostrando amore e dedizione. Quell’amore che Rosanna ha rincorso per tutta la vita.
Natale li vede ancora insieme, ancora innamorati, ancora felici del loro sentimento profondo.
All’inizio del nuovo anno, Antonio viene ricoverato e trascorrerà gli ultimi suoi giorni fra l’ospedale di Lecce e quello di Galatina.
La stessa Galatina che, pochi mesi prima, li aveva visti insieme mentre visitavano la chiesa di San Pietro e Paolo, con la sua facciata barocca, e l’altra di Santa Caterina d’Alessandria0 che, varcato il portale ricco e decorato, con timpano e rosone, risplende di affreschi nelle sue cinque navate.
La stessa Galatina dove, solo due anni prima, avevano assistito a uno spettacolo folcloristico di tarantolati, in una follia di scialli colorati e di gonne svolazzanti.
Nonostante tante vicissitudini, nonostante il suo dolore, Rosanna mi dice che le è rimasta la fede, la fede cristiana. La fede per poter recarsi, di tanto in tanto, a Galatina, e pregare davanti al crocifisso ligneo di Santa Caterina.