BARI - Da Franco Introna, medico legale nella realtà, al «professor Introna», il «collega» della fiction «Le indagini di Lolita Lobosco» il passo è breve, anzi brevissimo. Se è vero che gli scrittori traggono spunto dalla realtà per inventare vicende e personaggi, è decisamente meno frequente il fatto che utilizzino il nome di una persona esistente per battezzare una loro creatura di fantasia. Nel caso di «Lolita», l’occasione, alla giallista Gabriella Genisi, si è presentata praticamente su un piatto d’argento. A Bari e dintorni il medico legale per antonomasia, insomma l’archetipo dei periti settori «è» Franco Introna, e i colleghi non ne abbiano a male.
Lui, 66 anni, direttore dell’Unità operativa complessa universitaria e anche della Scuola di specializzazione, ha dato volentieri il consenso all’utilizzo del suo nome sia nei romanzi sia nella trasposizione televisiva. Genisi lo ha omaggiato donando al personaggio alcuni connotati che corrispondono alla vita reale dello stimato dottore: anche l’Introna del piccolo schermo (interpretato dall’attore Francesco De Vito) coltiva la passione per le immersioni subacquee, per esempio. Infatti nella prima puntata «La circonferenza delle arance», andata in onda domenica sera su Raiuno, lo abbiamo visto uscire dalle onde dell’Adriatico in tenuta da sommozzatore.
Incontriamo Introna, quello vero, nella sua stanza al primo piano dell’Istituto, al Policlinico, in una normalissima mattinata di lavoro. Ha appena terminato una lezione, in videoconferenza a causa delle restrizioni anti Covid.
Professor Introna, ci tolga una curiosità: com’è nata la clonazione letteraria?
«Diciamo subito due cose. L’attore ha molti più capelli di quanti ne abbia io. L’altra è che lo vediamo spuntare in muta e pinne da Pane e Pomodoro, dove il fondale è notoriamente sabbioso. Pensi che alcuni miei amici, dopo avere visto “Lolita” domenica sera, mi hanno bonariamente sfottuto sulle chat. “Come hai fatto a immergerti a Pane e Pomodoro, sulla sabbia?”, hanno messaggiato con contorno di sorrisini ironici».
Vabbè, la licenza poetica del regista si può perdonare. La fiction le è piaciuta?
«Sì, molto. E devo dire che l’attore che... mi interpreta è molto bravo».
Come e quando ha conosciuto Gabriella Genisi?
«Facciamo un passo indietro. Il mio primo contatto con gli autori, anzi le autrici, di romanzi gialli risale al 2003. Vengo invitato al Women Festival di Matera, a tenere una relazione di medicina legale a una platea di gialliste. Di fatto, diventa una lezione “contro” la medicina legale».
In che senso?
«Le autrici, molto interessate all’argomento, mi chiedono suggerimenti per rendere il delitto di turno il più indecifrabile possibile, allo scopo di creare la massima suspence nei lettori. Da quella esperienza nasce un primo sodalizio con la scrittrice milanese Lucia Ingrosso che prima di dare alle stampe la sua opera mi chiede di correggere eventuali errori tecnici sulla bozza. E lei conia a mia immagine e somiglianza il personaggio di Marco Intranò, medico legale, sposato con tre figli, proprio come me».
Insomma Intranò nasce prima di Introna. E lei diventa un consulente di lusso per le gialliste.
«Passa un po’ di tempo e un giorno sono invitato da un circolo culturale di Mola a una serata al Castello Angioino. Qui mi presentano Gabriella (che è molese, ndr). In quel periodo ha appena pubblicato il suo primo romanzo, appunto “La circonferenza delle arance”. Da lì è nata una collaborazione stabile, sempre a titolo gratuito, che mi diverte molto e dura tuttora. Il medico legale letterario ha assunto l’identità definitiva del “professor Introna”. Supervisionando i racconti, tra noi è nata una sincera amicizia, fatta di cene tra famiglie a casa sua o a casa mia. Gabriella è una cuoca straordinaria, mia moglie Alessandra e lei si sono scambiate le ricette baresi-salentine». Insomma spaghetti all’assassina a confronto con «ciceri e tria» per un trionfo di pugliesità scientifico-letteraria.