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Il Bari non ha scelta: effetto San Nicola per cambiare passo

 
antonello raimondo

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antonello raimondo

Il Bari non ha scelta: effetto San Nicola per cambiare passo

Tendenza pericolosa: anche nelle stagioni positive come quella di due anni fa, i Galletti non hanno mai avuto un buon rendimento in casa

Venerdì 13 Settembre 2024, 12:50

BARI - Un mistero, forse, no. Ma qualcosa di strano, inevitabilmente sì. Quando il Bari gioca in casa... più incompiute che altro. Anche in stagioni importanti e con squadre forti, per esempio quella che due anni fa arrivò a centoventi secondi da quella che sarebbe stata una strabiliante promozione in serie A. Qualcuno dice che giocare in trasferta sia più facile. Semplicemente per una questione tattica. E di atteggiamento. Sufficiente «appoggiarsi» all’avversario per trovare quegli spicchi di campo che servono per fare la differenza. Tutto giusto. Ma la sensazione è che non possa bastare.

Il Bari di Cheddira, Caprile e Folorunsho. Proprio quello aiuta a comprendere di cosa stiamo parlando. La finale di ritorno da giocare davanti al pubblico amico dopo il pareggio a Cagliari. Lo stadio stracolmo, una città in fibrillazione. Non serviva nemmeno vincere. Con un pareggino si andava dritti in A. E invece, no. Ancora la sindrome del «San Nicola». Che, pieno, fa spesso disastri. Capitò, pensate un po’, anche al travolgente Bari targato Antonio Conte. Stadio quasi pieno, con una vittoria sarebbe stata l’apoteosi. Finì 0-0, non proprio una partita memorabile. Proprio come Bari-Genoa nel dicembre 2022. Biancorossi gasatissimi, un vero big-match. L’urlo del pubblico, da brividi. Ma nulla. Sconfitta, anche abbastanza immeritata. Elenco lungo, lunghissimo. E fa male al solo pensiero.

Il 2024 non ha fatto eccezione. Pochissimi i sorrisi, quasi mai prestazioni all’altezza di un pubblico che continua a lanciare segnali di passione mista ad ambizione. Lo scorso campionato, un vero e proprio disastro. E non è stata una questione di partite in casa o fuori. Squadra senza capo nè coda, affossata da un direttore sportivo che, in pieno delirio di onnipotenza, non ne ha azzeccata più una. Si sperava in un cambio di tendenza ma anche quest’anno le cose non vanno certo a gonfie vele. Un punto in due partite al «San Nicola». Dalla terribile notte di Bari-Juve Stabia all’affannoso pareggio a tenpo scaduto contro il Sassuolo. Siamo all’alba, certo. E due partite sono un campione troppo piccolo per farsi un’idea.

Non c’è dubbio, però, che per costruirsi un futuro a petto in fuori serva una squadra in grado di sfruttare a dovere il fattore campo. E, quindi, una squadra con idee e anima. Di personalità, anche. Se giochi nel Bari non puoi permetterti andamenti lenti, anche e soprattutto sul piano mentale. Ed è un po’ il lavoro che sta portando avanti Longo. Il mister torinese sta costruendo una squadra che sappia essere aggressiva e propositiva, evidentemente nel rispetto delle varie fasi della partita (le famose «letture» di gioco). Non è un caso che anche in una giornata complicata come quella culminata con la sconfitta contro la Juve Stabia il Bari abbia saputo proporsi con una certa autorevolezza. In avvio e anche nella prima parte della ripresa. Non basta, certo. Ma la mano dell’allenatore finora si è vista nitidamente nonostante una classifica irricevibile.

La partita contro il Mantova (si giocherà con il lutto al braccio per ricordare Gaetano Salvemini, scomparso nei giorni scorsi) è già un primo snodo. Anche trattandosi della quinta giornata, sì. Serve vincere, inutile girarci attorno. Perché solo i risultati possono alleggerire un’atmosfera che non sembra il massimo della vita. Avversario scivoloso. Squadra con una precisa identità tattica e un allenatore con i fiocchi (Possanzini). Con il solito, travolgente entusiasmo delle neopromosse. la speranza è che sia migliorata la fase difensiva in casa biancorossa. E quell’attenzione maniacale sui calci da fermo. Vietato sbagliare. E non c’è nemmeno bisogno di spiegare perché.

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