BARI «Abbiamo un dovere nei confronti di una piazza così appassionata: sognare fino alla fine». Suona la carica, Mirco Antenucci. Il tempo scivola addosso al bomber molisano: a 38 anni suonati, resta un riferimento assoluto del Bari. Curriculum alla mano, l’attaccante di Roccavivara è senza dubbio il calciatore più rappresentativo dei Galletti. Ma ancor più del palmares, conta la professionalità, l’esempio e la voglia che lo pongono sempre in testa al gruppo, in grado di lottare con ardore per essere protagonista e riconquistarsi puntualmente il posto anche quando è sembrato scendere nelle gerarchie del nutrito attacco pugliese.
Per lui la missione promozione ha di certo un sapore speciale: nell’estate del 2019 lasciò la serie A per sposare il progetto biancorosso e tornare nel massimo campionato sarebbe la chiusura trionfale del suo cammino in Puglia. «Quattro anni fa ho affrontato forse la sfida più ardua sul piano professionale, nella mia carriera», ammette Mirco. «Scendere in Lega Pro dopo due stagioni in A rappresentava un’autentica scommessa che ho accettato soltanto perché a proporlo era una società ed una piazza come Bari. E ancora oggi non mi pento della scelta. Confesso che non ho mai smesso di pensare al doppio salto: probabilmente abbiamo soltanto impiegato un po’ più di tempo rispetto al previsto per arrivare in B. In compenso, in questa stagione abbiamo bruciato le tappe della nostra crescita: ora siamo in ballo e vogliamo giocarci qualsiasi possibilità fino in fondo. Lo dobbiamo a noi stessi e ad una tifoseria unica. Mancano cinque partite, ma è inutile stilare tabelle o sbilanciarsi in previsioni: bisogna affrontarne un impegno dopo l’altro e soltanto al momento opportuno capiremo quale strada ci toccherà per tentare una grande impresa. Sul piano fisico e psicologico stiamo bene: i presupposti per continuare ad essere competitivi non mancano».
E allora, sotto con il Pisa, avversario di domenica prossima, nonché prima compagine di B nella quale ha militato Antenucci. «È stata una breve parentesi, di soli quattro mesi», ricorda. «Piuttosto, all’andata la compagine toscana mi ha davvero impressionato: si è rivelata una delle squadre che più ci ha creato difficoltà. Hanno una rosa ricca di qualità, non dimentichiamo che lo scorso anno sono arrivati in finale dei playoff e ora sono nuovamente tra le prime otto, con legittime ambizioni di dar battaglia agli spareggi promozione. Ma ci servono punti: li affronteremo con la determinazione di sempre».
La prospettiva più attraente sarebbe giocarsi il tutto per tutto a Marassi, all’ultima giornata contro il Genoa, per provare ad acciuffare il massimo traguardo. «Attualmente il distacco in classifica è di sei lunghezze: pertanto, è un’eventualità alla quale per ora non conviene pensare, anche perché non dipenderà soltanto da noia: dobbiamo proseguire il nostro percorso, senza guardare gli altri. Da Genova dicono che la partite del Bari durano di più? Non serve alimentare polemiche. Noi e il Genoa disputiamo lo stesso campionato e si tratta di compagini di nobili tradizioni. Tuttavia, non credo che si possa trascurare il particolare che loro vengano dalla A e noi dalla C. Ad ogni modo, non ci poniamo limiti: vediamo come andranno i quattro turni che separano dallo scontro diretto».
Negli ultimi due mesi, è un dato di fatto che la produzione offensiva barese sia diminuita: il compito degli attaccanti è diventato più arduo? «Le dieci partite che concludono una stagione sono a tutti gli effetti un altro campionato», riflette il numero sette. «Le squadre si scoprono meno, gli spazi si riducono, le gare diventano più tirate. Ma una squadra resta tale in ogni fase di gioco. Se adesso subiamo meno reti, il merito è anche del lavoro svolto dagli attaccanti, così come se ne realizziamo in gran numero, dipende dall’opera dei difensori e dei centrocampisti che ci mettono nelle migliori condizioni per segnare. Non esiste una formula esatta per essere più prolifici: il mister in questo periodo sta variando modulo nel corso dei match e, ad esempio, con il 4-4-2 abbiamo maggiore ampiezza. Ma a lui tocca scegliere l’opzione più efficace a seconda dei momenti della gara: penso che Mignani, proprio come gran parte del gruppo, sia ulteriormente cresciuto, dimostrando di valere un ruolo da protagonista in B. La concorrenza in attacco? Siamo tanti e abbiamo caratteristiche differenti l’uno dall’altro. Ci sono varie opzioni: tutti teniamo a giocare e diamo vita ad una concorrenza leale per conquistarci un posto».
Scontato volgere uno sguardo al futuro: il suo contratto scadrà a giugno. Viene quasi spontaneo pensare che, in caso di promozione, sarebbe doveroso confermarlo sul palcoscenico più prestigioso: sarebbe il giusto premio al determinante contributo per la scalata. «Non credo molto alla riconoscenza nel calcio e più volte sono rimasto scottato», afferma con schiettezza Antenucci. «Se uno resta in un posto deve meritarlo e avere una concreta utilità. Ciò non toglie che in ogni caso sarei felice e onorato di restare a Bari. Sono felice, piuttosto, che Di Cesare abbia rinnovato il contratto: Valerio è il simbolo del Bari: ha lasciato la A per la D e ancora oggi è una colonna». Proprio insieme al capitano, ha conseguito l’abilitazione al ruolo di direttore sportivo. «Era giusto esplorare che cosa ci fosse oltre il calcio giocato: la professione di ds potrebbe anche essere la mia strada per il futuro. L’esempio di Polito? Abbiamo caratteri differenti, ma ammiro la sua vasta conoscenza e preparazione Ma ora vorrei continuare a giocare. Non so ancora per quanti anni, ma mi vedo ancora in campo. Non sento che sia giunto il momento di smettere. E soprattutto continuo a pormi traguardi. A cominciare da questo sogno da coronare nel Bari».