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Arricchita da salumi e formaggi
Antonella Millarte
22 Febbraio 2020
I MAESTRI - I ramaioli sono al lavoro col mais dorato
Sua maestà la polenta, per carnevale a Nemoli (Lagonegro), arricchita da salumi e formaggi del potentino, sarà il simbolo delle celebrazioni. E’ una tradizione così radicata che la polenta di Nemoli è stata inserita fra i Pat (Prodotti agroalimentari tradizionali) della Regione Basilicata, come parte integrante dell’alimentazione locale. Ma come mai la tradizione dei polentoni si è radicata qui nel Mezzogiorno? Ce lo racconta il giornalista Salvatore Lovoi, autore del libro “La storia della polenta” in cui lo ha definito un piatto prerisorgimentale perché ha precorso l’Unità d’Italia in gastronomia, unendo la polenta del nord alla “lucanica” del sud.
Proviene dalla trasformazione molitoria della varietà vegetale di granturco quarantino (un ecotipo detto anche “trecchenieddro”) ed è consumata tutto l’anno nella valle del Noce come “Frascatola” (molle). Ma viene preparata e indurita in grandi forme solo per il martedì grasso. La tradizione forse risale all’800, quando i ramai di Nemoli e Rivello percorrevano la penisola, l’Europa e l’Africa Mediterranea per riparare caldaie. Altri sostengono che sia stata introdotta dai soldati del viceregno spagnolo, dalla penisola iberica dove il granturco venne coltivato per prima dai moriscos. Comunque, è proprio in quattro calderoni di metallo che la “vellutata” di mais per mano di esperti “mastri polentari”, muniti di lunghi “remenaturi” (bastoni di legno) lavorano per ore la farina dorata fino ad ottenere forme solari racchiuse in candide lenzuola, su grandi tavoli di legno. L’impasto è unto con il condimento di sugo proveniente dal soffritto di salsiccia e ventresca (oltre 100 kg) e pepe rosso di Senise in polvere (“o ziff”). La polenta (circa 5 quintali), accompagnata da pezzi di salumi e benedetta dal rosso ciliegiuolo della collina nemolese, viene offerta gratuitamente nel segno della proverbiale ospitalità del luogo, nel tradizionale “Angolo dello Spizio”.
Il tutto nell’allegra cornice carnascialesca, con suoni di strumenti tipici, corteo di carri allegorici, gruppi e maschere che sfilano per le vie del borgo.
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