BARI - Dovranno essere (anche) gli Ordini dei medici e gli organismi paritetici a occuparsi delle possibili incompatibilità rilevate dalla Asl Brindisi a carico di quattro professionisti in servizio nel centro di riabilitazione San Raffaele di Ceglie Messapica. Non è - almeno questo - un problema che riguarda l’omonima Fondazione (che fa capo alla famiglia Angelucci), ma dà il senso di ciò che sta accadendo intorno alla struttura brindisina: dopo 24 anni di «sperimentazione gestionale» affidata alla Fondazione San Raffaele, la Regione ha deciso di riportare il servizio nell’alveo del pubblico. E ora chiede che la Asl cominci a mandare proprio personale.
Il caso del San Raffaele è stato sollevato dal consigliere regionale Fabiano Amati, che ha proposto la legge con cui a fine maggio è stata decisa l’«internalizzazione» del centro per riportare la riabilitazione alla gestione diretta della Asl. La legge è stata impugnata da Palazzo Chigi davanti alla Consulta, mentre la Fondazione ha impugnato al Tar sia il subentro della Asl che la nomina del nuovo direttore sanitario: i giudici amministrativi di Lecce hanno disposto la sospensiva urgente di entrambi gli atti, fissando per settembre le camere di consiglio. La Procura di Brindisi ha nel frattempo aperto un fascicolo, al momento senza ipotesi di reato né indagati, sulla base degli esposti di Amati e degli atti trasmessi dalla Regione: mentre Amati ha segnalato possibili illegittimità nei rapporti contrattuali tra Asl e Fondazione, la Regione ha rilevato una serie di irregolarità nella gestione dei ricoveri. Il nodo, nell’uno e nell’altro caso, è sia l’uso irregolare dei fondi pubblici sia l’assoluta mancanza di controlli - nel corso degli anni - da parte della Asl Brindisi.
Anche per questo ieri il dipartimento Salute della Regione ha fatto di nuovo il punto della situazione, formulando una serie di nuove contestazioni al direttore generale della Asl, Maurizio De Nuccio. Gli esiti delle verifiche del 20 agosto sul personale medico del centro hanno fatto emergere possibili irregolarità assistenziali (la Fondazione San Raffaele respinge l’accusa): oltre ad alcuni medici privi di requisiti (ad esempio perché non hanno la specializzazione richiesta per la riabilitazione), ce ne sono quattro «con doppio lavoro» che rischiano la revoca delle convenzioni (sono anche stati segnalati alla Procura). E, secondo il dipartimento di prevenzione della Asl, questo quadro «non garantisce la sicurezza delle cure in favore dei pazienti».
Nella nota trasmessa ieri la Regione ha contestato alcune delle conclusioni del dipartimento di prevenzione, ribadendo che il San Raffaele ricade sotto la direzione della Asl e che è la Asl a dover nominare il direttore sanitario. Dall’esame della situazione del personale medico, scrive la Regione, «emergono gravissime criticità che compromettono la salute dei pazienti ricoverati, al punto tale da non poter attendere la decisione cautelare collegiale» del Tar di Lecce (4 e 18 settembre). Siccome il decreto monocratico non è impugnabile, la Regione chiede che la Asl torni al Tar per chiederne la revoca.
Ma allo stesso tempo la Regione ha anche insistito sul fatto che, per mettere in sicurezza i pazienti attualmente ricoverati, la Asl debba inviare propri specialisti all’interno della struttura, oltre a integrare il piano dei fabbisogni del personale per prepararsi alla gestione diretta. L’obiettivo è anche uscire dall’equivoco: il San Raffaele non è una clinica privata accreditata, e - a prescindere dalle decisioni della Consulta sulla legge regionale - la sperimentazione gestionale può essere interrotta con un atto di indirizzo amministrativo. Oggi all’esterno del centro è previsto un sit-in di protesta dei sindacati.