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Brindisi, il fronte del porto per la vicenda Edison

 
Andrea Pezzuto

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Andrea Pezzuto

Brindisi, il fronte del porto per la vicenda Edison

Lo scontro tra Consorzio Asi da una parte, Confindustria e Autorità portuale dall'altra: la diversità di vedute tra le due fazioni sta diventando sempre più profonda

Domenica 14 Gennaio 2024, 14:05

BRINDISI - Consorzio Asi da una parte, Autorità portuale e Confindustria dall’altra. La diversità di vedute tra le due fazioni sta diventando sempre più profonda, e la vicenda Edison rappresenta solo il fronte più esposto mediaticamente. I contrasti, infatti, riguardano anche altri aspetti. A partire dalla legittimità del cda dell’Asi a restare in piedi, dopo che la sentenza del Tar Lecce ha stabilito la necessità che venga nominato un rappresentante delle imprese. La Camera di commercio e gli industriali chiedono che venga rapidamente convocata l’assemblea per costituire il nuovo cda, mentre l’Asi, con il supporto della Provincia, ricorrerà al Consiglio di Stato.

Su Edison, come raccontato nei giorni scorsi, l’Asi ha assunto una posizione forte, intimando alla società di non avviare i lavori «finché non provvederà a dare concreto riscontro alle prescrizioni di questo consorzio». Tra le condizioni poste dall’Asi c’è il rispetto di una distanza pari a trenta metri tra il perimetro del deposito e la rotaia ferroviaria (in alcuni punti la distanza prevista dal progetto è invece di soli cinque metri). Per il presidente del consorzio, Vittorio Rina, «pur essendo il binario di proprietà dell’Autorità portuale, questo non incide sul discorso dei controlli relativi alla sicurezza. Avendo l’Asi competenza su quel raccordo, è tenuta a far rispettare la normativa di Rfi». Una posizione non condivisa dall’ente portuale, secondo cui il contratto di raccordo firmato tra Rfi, Asi e Autorità portuale non prevede alcun potere dell’Asi su quei binari di proprietà dell’Authority.

Va aggiunto che le eccezioni dell’Asi non sono state tenute in considerazione in fase di rilascio del Nulla osta di fattibilità all’impianto e neppure nelle risposte del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il timore condiviso dall’Autorità portuale è che l’interpretazione fornita dall’Asi possa rappresentare un freno all’operatività attuale e futura del porto, minandone la polifunzionalità. Infatti, la distanza dei trenta metri dai binari non viene attualmente rispettata da Versalis, da Ipem e dal nastro trasportatore dello zuccherificio di Srb su Costa Morena Ovest. Ma non potrebbe essere garantita neppure dalle gru che dovessero servire per movimentazioni di merci sulla banchina di Costa Morena Est.

E anche sul nuovo Piano regolatore portuale si registrano frizioni, con l’Authority che vorrebbe far rientrare alcune aree retroportuali nella pianificazione del Prp, ritenuta di favore per gli investitori. In fase di Valutazione ambientale strategica del nuovo Prp, l’Asi ha però rilevato che «la gestione e la programmazione delle aree all’interno degli agglomerati industriali (ossia le aree retroportuali, ndr) è di esclusiva competenza del Consorzio». Pertanto, «l’ingerenza normativa del Prp non può avere valore di pianificazione». L’ente portuale ha contro-dedotto che si è limitato ad «applicare la normativa di settore in materia di pianificazione delle aree portuali, normativa che parrebbe non esattamente nota a codesto Consorzio».

Nelle ultime ore si sono aggiunte anche tensioni riguardanti il Regolamento Asi per l’attuazione degli impianti alimentati da fonti di energia rinnovabili. Confindustria, infatti, nel giugno scorso ha inviato al consorzio alcune osservazioni, ravvisando penalizzazioni per le imprese. «Il Regolamento consortile, nel limitare a sole finalità di autoconsumo - scriveva Confindustria - l’ubicazione di impianti Fer nelle aree di proprietà privata tipizzate come “D” e ricadenti in zona produttiva urbanizzata», potrebbe comportare «una eccessiva limitazione della libertà imprenditoriale con riferimento a un settore di rilevante interesse pubblico». Pertanto, «nell’ottica di favorire processi di transizione ecologica da parte di realtà produttive già presenti nell’area industriale o da parte di coloro che avrebbero interesse ad avviare nuove realtà imprenditoriali, sarebbe auspicabile una modifica in autotutela degli artt. 6 e 10 del Regolamento». Osservazioni cadute nel vuoto, tanto che venerdì Confindustria ha fatto pervenire all’Asi il proprio «dispiacere» poiché la precedente nota «è rimasta priva di risposta, determinando così per le realtà produttive interessate non poca incertezza sulla possibilità di realizzare i propri investimenti».

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