BRINDISI - «Sì, l’ho saputo questo fatto: so che Massimiliano ha chiesto soldi a Cairo e so anche che gli ha dato degli schiaffi. Prima che morisse, lo vedevo che aveva un’aria minacciosa con Salvatore. Salvatore era intimidito, era una bravissima persona».
Fratelli contro: il pentito Massimiliano Morleo e l’imputato Enrico Morleo. Alle accuse del collaboratore di giustizia rispetto all’omicidio dell’imprenditore Salvatore Cairo, ucciso, fatto a pezzi e bruciato il 6 maggio 2000, il fratello finito sotto processo, anche per l’omicidio di Sergio Spada, ucciso con un colpo di pistola alla testa l’11 novembre 2001, ha risposto in aula davanti alla Corte d’Assise. E ha raccontato non solo di aver visto Massimiliano la mattina del 6 maggio di 23 anni fa, lì dove trovò il cadavere di Cairo, nella casetta della legnaia in cui lavorava, ma di una lite tra i due che sarebbe finita a schiaffi. Cadavere che l’imputato ha confessato di aver fatto a pezzi usando una motosega a scoppio, per poi bruciare tutto e gettare i resti in un pozzo in una zona di campagna, a sud della zona industriale di Brindisi, dove ha portato i giudici della Corte, presieduta da Maurizio Saso, e il pm della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Milto Stefano De Nozza.
Nella ricostruzione dell’accusa, entrambi gli omicidi degli imprenditori, attivi nel settore del commercio delle pentole e degli articoli per la casa, sarebbero stati premeditati ed eseguiti con metodo mafioso per eliminare concorrenti scomodi alle attività che Cosimo Morleo, fratello di Enrico e Massimiliano, voleva portare avanti. Cosimo Morleo è ritenuto il mandante, Enrico esecutore materiale.
Il presidente della Corte ha chiesto a Enrico Morleo se l’azione «così cruenta descritta, quella di aver sezionato il corpo», l’avesse fatta di «sua iniziativa o su ordine di qualcuno». Risposta: «No su mia iniziativa».
Altra domanda del presidente: «E allora ci vuole spiegare come mai una persona come lei dichiara che è estranea all’omicidio che trova un corpo nell’azienda e non ha a che vedere con l’omicidio si prenda la briga di fare tutto quello che lei ha detto di aver fatto esponendosi al rischio e comunque macchiandosi del reato di occultamento e di distruzione di cadavere, per quale motivo se lei è estraneo al fatto avrebbe dovuto fare tutto questo? Ecco perché le ho chiesto se lei ha agito di sua iniziativa o su ordine di qualcuno eventualmente». L’imputato: «No, su mia iniziativa e poi per non passare dei guai. E poi ripeto di nuovo chi mi avrebbe creduto se io avessi chiamato gli inquirenti? Mi avrebbero arrestato lo stesso».
«Si rende conto che non è una giustificazione», ha detto il giudice. Il presidente: «Si rende conto che quello che Lei ha sostenuto è poco credibile per una persona normale, no? Chi avrebbe al suo posto fatto quello che lei dice di aver fatto, si potrebbe spiegare soltanto nel caso in cui avesse anche commesso l’omicidio, ma lei questo lo nega». Enrico Morleo: «Ma io avevo capito lì per lì che il piatto me l’avevano preparato, mi volevano togliere davanti». «Chi le voleva fare il piatto?», ha chiesto il presidente Saso. «Non lo so, signor giudice. Non posso mettere un dito: è stato lui, è stato lui, è stato lui. Se oggi sapessi chi è stato lo direi».
Il giudice: «E allora dice cose generiche e astratte su cui non si può fare nessuna verifica. Senta un’altra cosa, dal momento che è stato trovato un cadavere nell’azienda di suo fratello Cosimo, Lei perché non avverte suo fratello Cosimo?» La risposta di Enrico Morleo: «Pensavo che mi denunciasse. Questo ho pensato». Il presidente: «Scusi, anche questa è una risposta incongrua». E ancora: «Sa per quale motivo suo fratello Morleo Massimiliano la debba accusare falsamente di avere sparato in testa invece a Sergio Spada prendendo posto sul sedile posteriore?» «Questo lo deve chiedere a lui, signor Giudice. L’odio che porta verso, il rancore che porta verso di me. Questo sì».
Il presidente della Corte d’Assise: «L’unico motivo di attrito che ha citato è una vecchia fidanzatina che per due mesi sarebbe stata con lei e poi avrebbe sposato Massimiliano». L’imputato: «Sì, ma non penso questo, per accollare a qualcuno qualcosa e via». Il presidente: «Quindi, un motivo di calunnia di questo tipo, di una falsa accusa di questo tipo non me lo sa indicare? Va bene». Enrico Morleo: «Scusi, signor Giudice, secondo me è pazzo. È bruciato. Secondo me è bruciato».