BRINDISI - «Cosimino Morleo si avvicinò al mio orecchio e mi disse: “Digli all’amico tuo ci vola faci (se vuole fare-ndr) la stessa fine dell’amico suo”. Si trattava chiaramente di una minaccia, in quanto il messaggio che Morleo voleva che recapitassi era di non dargli più fastidio, altrimenti gli avrebbe fatto fare la stessa fine che aveva fatto (Salvatore) Cairo».
La testimonianza è stata resa da un brindisino di 64 anni nel processo sugli omicidi di Salvatore Cairo e Sergio Spada, avvenuti tra il 2000 e il 2001, in cui sono imputati i fratelli Cosimo ed Enrico Morleo, il primo ritenuto mandante e l’altro esecutore materiale. Contestate le aggravanti della premeditazione e del metodo mafioso, perché nella ricostruzione del pm della Dda di Lecce, Milto Stefano De Nozza, Cosimo Morleo avrebbe voluto lavorare in condizioni di monopolio. Cairo venne fatto a pezzi e i resti furono dati alle fiamme. Spada venne ucciso con un colpo di pistola alla testa.
Il teste ha confermato le dichiarazioni rese al magistrato a gennaio 2022, quando venne interrogato sui contrasti tra Morleo e un imprenditore originario di Roma, morto suicida a Brindisi alla fine di novembre 2020. L’imprenditore, dopo aver lavorato nel settore della vendita delle pentole e aver avuto rapporti con la Golden Star di Cairo e Morleo, cambiò settore. Prima passò alla vendita di depuratori d’acqua, poi entrò in società con Morleo nella gestione di un distributore di benzina alle porte di Brindisi. Secondo quanto riferito dalla vedova dell’imprenditore poi suicidatosi (anche lei sentita come teste nel processo), suo marito versò 146mila euro, e a dicembre 2019 fu estromesso dalla società di gestione del distributore di benzina senza che il denaro versato gli fosse mai più restituito, e venne anche minacciato di morte.
Minacce confermate in udienza dall’amico dell’imprenditore suicida: «Ci conoscevamo da 30 anni», ha detto rispondendo al pm che ha ricordato le dichiarazioni rese a gennaio dello scorso anno. «Sono stato testimone involontario - ha detto ancora il teste - del contrasto venutosi a creare tra Morleo Cosimo da una parte e il mio amico dall’altra, per quanto riguarda la vicenda dell’acquisto del distributore del Morleo. Ho saputo che Morleo, dopo avere ceduto parte della proprietà, aveva deciso per contrasti di cacciare dal distributore, sia la compagna del mio amico che la figlia».
In aula il teste ha confermato quelle dichiarazioni, aggiungendo: «Prima la moglie, poi la figlia e poi lui», riferendosi al suo amico.
Il teste ha proseguito: «Io ero vicino sia a Cosimino, che all’altro (l’amico imprenditore-ndr), una sera si dovevano incontrare e non si sono incontrati più. Poi mi hanno chiamato e hanno detto di andare alla benzina e sono andato. Ha detto: «Levati, non ci sta più niente, tutto quello che succede verrà tutto rifatto su di te». Poi Cosimino mi disse all’orecchio: «Dinci all’amico tuo ci vole faci la fine dell’amico sua (dì all’amico tuo, se vuole fare la fine del suo amico, ndr)».
Il pm ha chiesto a chi si riferisse: «Al mio amico e a Salvatore Cairo», ha risposto il teste. De Nozza, a questo punto, ha dato lettura del verbale delle dichiarazioni: «Morleo Cosimo si avvicinava a me e all’orecchio mi disse: «Digli all’amico tuo che vuoi fare? La fine del tuo amico, mangiato dai pesci?», riferito certamente a Cairo Salvatore, in quanto Morleo sapeva che Cairo era un amico, sia perché benché Cairo fosse ufficialmente scomparso, tutti sapevamo che era stato ucciso».
Conferma questa dichiarazione? , ha chiesto il pm. E il testimone: «Sì, sì», la risposta.
Il pm ha chiesto: «L’ha avvertita come minacciosa?». Il teste ha risposto: «Se te la vengono a dire vicino all’orecchio, penso di sì».
Il pm ha precisato che non era una contestazione, ma un chiarimento, perché all’epoca il teste disse: «Si trattava chiaramente di una minaccia, in quanto il messaggio che Morleo voleva che recapitassi era di non dargli più fastidio, altrimenti gli avrebbe fatto fare la stessa fine che aveva fatto Cairo». «È questo il senso?».
«Sì», ha risposto il testimone.