BRINDISI - Il mare come autostrada per trasferire droga dall'Albania all'Italia, con approdo sulle coste del Brindisino.
La litoranea a nord e a sud di Brindisi «continua a essere utilizzata dalla criminalità albanese come luogo di approdo privilegiato per introdurre nel territorio nazionale ingenti carichi di marijuana».
Stando a quanto emerge dalla relazione del ministro dell'Interno al Parlamento sull'attività e sui risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia (Dia), nel periodo compreso tra gennaio e giugno 2022, è rimasto «sostanzialmente immutato» il modus operandi adottato dalle organizzazioni criminali transnazionali che possono contare sull’appoggio offerto da cittadini di origine albanese residenti o domiciliati nella provincia di Brindisi.
Le rotte del contrabbando di sigarette andato avanti tra gli anni Novanta e il 2000 sino all'operazione chiamata «Primavera» varata dall’allora ministro dell'Interno Enzo Bianco, sono state riesumate e aggiornate per il trasporto di «erba», con una divisione di compiti tra albanesi e brindisini.
«I sodalizi criminali albanesi sono quelli che, più di altri, hanno saputo radicarsi nel territorio, ramificandosi progressivamente e riuscendo a interagire, prima di ogni altro, nel traffico di sostanze stupefacenti, con le organizzazioni autoctone», si legge nella relazione.
Come hanno documentato le attività di polizia giudiziaria, eseguite anche in collaborazione con la Procura schipetara, i «cittadini albanesi si occuperebbero dell’approvvigionamento dello stupefacente nella terra d’origine» mentre ai brindisini verrebbero «demandati gli aspetti logistici e di trasporto».
Nel traffico di droga, che resta il principale settore di business dei gruppi criminali, «si registrano cointeressenze con altri gruppi criminali tramite un rapporto cliente-fornitore in via di progressivo consolidamento anche con esponenti calabresi». E i clan albanesi, stando a quanto emerso dalle inchieste coordinate dalla Dda, «sono molto simili, nella loro organizzazione, alle ‘ndrine calabresi»: sono gruppi criminali «saldamente uniti dal vincolo familiare o da matrimoni con altre famiglie della stessa etnia». Il motivo alla base della «combinazione» delle nozze è da cercare nella necessità di «accrescere il proprio potere» ed «evitare lotte armate nella spartizione del territorio e, quindi, di guadagni».
I gruppi criminali del Paese delle Aquile sarebbero riusciti a consolidare rapporti con canali di rifornimento di origine asiatica per marijuana, eroina, hashish, cocaina e droghe sintetiche, come confermato dagli esiti dell’operazione «Zemra» conclusa dalla Dia l’8 giugno 2022 in collaborazione con la Polizia albanese tramite le Squadre Investigative Comuni.
L’inchiesta, sviluppo delle attività investigative «Shefi» del 2018 e «Kulmi» del 2020, eseguite sempre dalla Dia, è sfociata nell'esecuzione di undici ordinanze di custodia cautelare. Gli indagati sono stati accusati, a vario titolo, di produzione e cessione di sostanze stupefacenti, detenzione e ricettazione di armi. Spesso le armi viaggiano assieme alla droga.
Una volta che la sostanza stupefacente approda sulle coste brindisine, con il coinvolgimento diretto o comunque con il placet dei vertici dei clan della Sacra corona unita, viene smistata in base alle richieste del mercato: parte viene destinata alla piazza del «Grande Salento», per coprire la domanda proveniente anche dalle province di Lecce e Taranto, parte viene destinata alla Capitanata, dove risultano particolarmente attive le «batterie» (i clan della Società foggiana). Sono stati documentati anche trasferimenti e consegne di droga in Basilicata e in Sicilia, oltre che in Calabria.