BRINDISI - «Un piano per il Sud? Si, certo». Se ne parla da decenni. Sarà la volta buona? Di questo - ma anche di altro - si è parlato ieri sera su iniziativa della federazione provinciale del Pd nel chiostro Santa Chiara, alla presenza di un folto pubblico composto non solo da simpatizzati del partito, sindaci e amministratori di centrosinistra, ma anche di tanti esponenti della cosiddetta società civile: uomini e donne che si dicono fuori dai partiti, ma che orgogliosamente rivendicano - oggi più che mai - la loro appartenenza ad un Mezzogiorno «impoverito da tutti quei ragazzi che lasciano la nostra terra per trovare altrove il loro futuro», come ha sottolineato il segretario provinciale del Pd Francesco Rogoli, in apertura dei lavori. L’argomento è stato trattato dal ministro per il Sud e la coesione territoriale Giuseppe Provenzano, «stimolato» da chi il Sud lo vive quotidianamente anche attraverso le pagine del nostro Giornale: il direttore della «Gazzetta», Giuseppe De Tomaso.
Prima di rivolgere le sue domande, De Tomaso ha ricostruito «storicamente» la questione meridionale, parlando anche «della sfida che ormai ci chiede l’Europa» e della necessità di capire come si può superare il divario tra «le idee e i soldi».
Il ministro, prima di iniziare il suo intervento, ha voluto ribadire la necessità di tenere alta l’attenzione riguardo le insidie del Covid. Poi, un accenno anche alla ritrovata unità del Pd «dopo la litigiosità degli anni passati». Ma al centro della discussione è rimasto lo sviluppo del Mezzogiorno come leva per la ripresa economica del Paese. «L’Italia riparte dal Sud», peraltro, era il titolo dell’incontro. Una riflessione che parte da Brindisi, proprio dopo il successo ottenuto dal Governo e da tutta la delegazione italiana e dopo il rischio paventato dalla Svimez di una ripresa del Sud ma senza occupazione.
«Programmi più che progetti, come diceva Aldo Moro riguardo le attività dei politici», ha puntualizzato De Tomaso. «Ma tutto che va avanti anche grazie alla buona burocrazia – ha sottolineato Provenzano -, che non è certo un male dell’Italia, che ha bisogno di tecnici, quelli che hanno costruito l’Italia, accanto ai politici». Si è parlato di fondi in arrivo «che non sono del Governo - ha detto il ministro - ma di tutto il nostro Paese». Un’occasione unica per ridurre le disuguaglianze territoriali ed affrontare al meglio le missioni contenute nel documento sul rilancio europeo: scuola, salute, infrastrutture, innovazione, attrazione degli investimenti partendo dalle Zes.
«Investire al Sud oggi significa pensare all’Italia di domani - ha ribadito Provenzano -. Ridurre i divari tra cittadini e territori è la vera opportunità per riavviare uno sviluppo più forte e durevole, anche riducendo il costo del lavoro», sono state le sue parole, rispondendo alla domanda di De Tomaso riguardo proprio la tanto agognata «fiscalità di vantaggio».
«Lo Stato in passato non ha dato grande dimostrazione di attenzione verso il Sud ma ora l’Europa rischia di rimproverarci per la statalizzazione di alcune aziende, con lo Stato che interviene sempre più spesso», ha incalzato il direttore De Tomaso. «Basta con lo Stato sempre umiliato e denigrato che non ha potuto portare avanti una politica industriale - è stata la replica del ministro Provenzano -. Nei primi anni Novanta non abbiamo capito cosa fare, abbiamo svenduto il nostro Stato anche con certa sinistra al governo. Oggi non c’è statalismo, ma noi dobbiamo metterci nelle condizioni di recuperare. Perché la mia generazione deve pagare gli errori del passato quando lo Stato può contribuire alla crescita economica?». «Lo sviluppo - ha concluso il ministro - è sempre fatto con un mix di pubblico e privato e se lo stato aiuta, i privati non devono certo tirarsi indietro. Lo stato non entra nelle aziende decotte, ma dove c’è un disegno strategico («ad esempio per l’ex Ilva»). Il progetto è proprio quello di riorganizzare lo Stato. Partendo da istruzione e infrastrutture».