CANOSA - È attesa per il prossimo 14 luglio la sentenza per la rapina dopo la quale morì Maria Melziade, 75 anni e titolare di una gioielleria, che fu aggredita e derubata a Canosa di Puglia (Barletta- Andria-Trani) il 17 novembre 2016. La vittima morì in ospedale per le ferite riportate. Nell’udienza di oggi davanti alla Corte di Assise di Trani le difese degli imputati hanno chiesto l’assoluzione per i propri assistiti.
Alfonso Massimiliano Flora, nipote della vittima che avrebbe concorso nella rapina, è imputato per omicidio preterintenzionale come informatore. Per lui l’accusa ha chiesto 13 anni e mezzo di reclusione. «Il mio assistito, peraltro incensurato, non ha scelto il rito abbreviato proprio perché estraneo ai fatti», spiega il suo difensore, l’avvocato Michele Del Latte evidenziando che «sulle oltre 4mila pagine di materiale probatorio a disposizione dell’accusa in cui ci sono intercettazioni ambientali e telefoniche, il nome di Flora non è mai emerso se non per qualche chiamata con Massimo Moscaritolo», già condannato con Cosimo Damiano Campanella per la morte della 75enne. Per Del Latte emerge «l'assoluta estraneità del proprio assistito».
Per un altro imputato, Luigi Catalano, accusato di ricettazione per aver acquistato i gioielli rapinati alla vittima, sono stati chiesti tre anni di reclusione. «Ritengo che gli elementi emersi all’esito dell’istruttoria dibattimentale a carico del mio assistito, siano oltre che inconsistenti assolutamente contraddittori, in quanto lo stesso collaboratore di giustizia che lo accuserebbe di aver ricevuto la refurtiva di fatto non è stato in grado di fornire una descrizione antropomorfica dl Catalano», dichiara il difensore di Catalano, Mariangela Malcangio.
L’accusa ha chiesto infine nove anni di reclusione per Gianfranco Colucci e Francesco Scardi, difesi dall’avvocato Giovan Battista Pavone che sostiene «l'inattendibilità delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia».