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Barletta, quattro condanne a ventisei anni di carcere per la tratta di sette donne rumene

 
Linda Cappello

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Linda Cappello

Barletta, quattro condanne a ventisei anni di carcere per la tratta di sette donne rumene

I reati contestati: associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e all’estorsione. Avrebbero indotto sette ragazze di nazionalità rumena al meretricio: nessuna costituita parte civile

Martedì 22 Novembre 2022, 13:47

13:52

BARLETTA - Ventisei anni complessivi di carcere sono stati inflitti nei confronti di quattro imputati, accusati di associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù e all’estorsione ai danni di sette donne rumene, poi costrette a prostituirsi.

La Corte d’Assise di Trani (presidente Giulia Pavese, a latere Paola Buccelli ed i giudici popolari) hanno inflitto nove anni e sei mesi di reclusione e 4000 euro di multa a Francesco Dicataldo, 44 anni, Gaetano Iodice, 60 anni, e Donato Chiumarulo, 50 anni, tutti di Barletta ( durante la scorsa udienza il pubblico ministero della Dda Daniela Chimienti aveva invocato una pena di nove anni per Chiumarulo e dieci per tutti gli altri); sette anni e 1500 euro di multa per Michela Baloi, 41enne di nazionalità rumena, in virtù del fatto che le circostanze aggravanti sono state considerate equivalenti alle attenuanti generiche. Tutti sono stati dichiarati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici, dall’esercizio della tutela e della curatela e in stato di interdizione legale durante l’esecuzione della pena.

I fatti oggetto delle contestazioni riguardano un periodo compreso fra il 2009 e il 2013. Le carte dell’inchiesta parlano di tratta di donne dalla Romania e la loro riduzione in schiavitù per lo sfruttamento della prostituzione nella zona di Barletta e a Madonna dello Sterpeto, verso Trani.

A dare l’incipit alle indagini sono state le denunce, presentate agli agenti del locale commissariato, di due donne straniere. Secondo quando emerso, Iodice avrebbe preso accordi con Dicataldo e la sua convivente Baloi per reclutare le ragazze. Il tutto grazie all’aiuto di altri soggetti provenienti dalla Romania, purtroppo non identificati. Le vittime si prostituivano anche in occasione di alcuni convegni.

Chiumarulo, poi, avrebbe avuto il compito di accompagnare le ragazze nei luoghi dedicati all’adescamento e fornire loro il necessario: non solo cibo e bevande ma anche profilattici, fazzolettini, sigarette e ricariche telefoniche, «portando la relativa contabilità su un block notes».

Gli imputati rispondono anche dell’accusa di estorsione: in particolare, la Baloi, Dicataldo e Iodice avrebbero costretto due ragazze, arrivando anche a minacciarle di morte, a consegnare loro 50 euro al giorno: una doveva consegnare anche 25 euro per ogni cliente, mentre l’altra la metà del guadagno giornaliero «per poter stazionare nei luoghi dell’adescamento».

Le prostitute identificate, però, hanno scelto di non costituirsi parte civile. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Marco Vignola e Claudio Caira.

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