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Mozzarelle «dop»
allevatori entusiasti

 
Mozzarelle «dop»allevatori entusiasti

«Il riconoscimento "dop" ai latticini potrà risollevare un settore in crisi» la svolta dopo le polemiche

Mercoledì 03 Gennaio 2018, 10:07

Valentino Sgaramella

Ce n’è voluto di tempo ma alla fine la caparbietà degli allevatori e caseifici ha avuto la meglio per l’ok al riconoscimento del marchio «Dop» («denominazione di origine protetta») alla mozzarella di Gioia del Colle. Un traguardo che verso la fine ha anche visto mettersi di traverso perfino la polemica del presidente della Regione Campania per cui l’unica vera mozzarella Dop sarebbe quella di bufala, la campana.

Tutto è bene quel che finisce bene, si potrebbe dire.

La Dop comprenderà 22 Comuni, 16 in provincia di Bari e 6 in provincia di Taranto cui se ne stanno aggiungendo pochi altri al confine tra Laterza ed Altamura ma in territorio di Matera. Per la terra di Bari parliamo di Acquaviva, Alberobello, Altamura, Casamassima, Cassano, Castellana, Conversano, Gioia, Gravina, Locorotondo, Monopoli, Noci, Putignano, Sammichele, Santeramo, Turi.

La soddisfazione è anzitutto di chi per primo si è speso senza riserve per un marchio Dop della mozzarella, Stefano Genco, presidente del Gal «Terra dei trulli e di Barsento»: «Il mio passato da presidente degli allevatori mi spinse a valorizzare un prodotto apprezzato ovunque. I turisti che arrivano dalle nostre parti la prima cosa che fanno è farsi una scorta di mozzarelle». Già questo basterebbe ma c’è di più. «Ritengo sia stato un percorso valido che possa risollevare le sorti di un mondo allo sbando, quello degli allevatori. L’unica Dop di latte vaccino in Italia è la nostra. Sono riuscito a valorizzare un territorio e del resto un Gal deve fare questo».

Pietro Laterza è presidente dell’Associazione regionale allevatori: «Gli allevatori pugliesi sono entusiasti di questa grande novità che a dire il vero si aspettavano da anni. È noto a tutti che il prodotto mozzarella a prescindere dalle diatribe ultime è tradizionale in questi nostri paesi della Murgia barese e tarantina». Ancora: «Sono i paesi in cui da generazioni producono latte e rappresentano il 70 se non l’80% della produzione pugliese».

Giuseppe Mezzapesa è presidente della Cooperativa allevatori Putignano (Cap), società in concordato: «Non si può che esprimere compiacimento per l’obiettivo conseguito. A prescindere dal campanilismo, si tratta della vera occasione che abbiamo per premiare un territorio da tempo impegnato nella zootecnia moderna e all’acquisizione delle tecnologie idonee alla trasformazione del latte stesso». Non può che giovare al territorio. «Ora bisogna rendere operativo il consorzio e l’intero schema tecnologico che prevede una lavorazione tradizionale nel rispetto delle normative vigenti in materia di sanità degli alimenti stessi».

Giuseppe Caponio, allevatore di Santeramo produce 15 quintali al giorno di latte con 50 bovini in lattazione: «È una notizia importante perché potremo regolamentare anche la produzione del latte in base alla sua composizione. Il disciplinare punta a tutelare le aziende che usano risorse proprie per alimentare il bestiame». Il disciplinare pone l’accento sugli animali che vanno al pascolo e privilegiano l’uso di materie prime prodotte dalla stessa azienda. «Questa è una garanzia sia per il consumatore – dice Caponio - ma è anche una tutela per quelle aziende che producono latte con materie prime della propria azienda».

Giusy Lentini di Noci: «Non ho letto ancora il disciplinare ma dico che certamente il marchio Dop è una cosa importante perché è il riconoscimento di un prodotto e conferisce valore all’intera area». I suoi dubbi: «Il rischio è semmai l’uso che potrebbero farne i caseifici a meno che non siano state inserite nel disciplinare delle clausole ben precise. Forse sarebbe meglio dare la Dop alle aziende che producono latte in questo territorio visto che arriva latte dalla Germania». Infine il grande interrogativo: «Gli allevatori non credo che trarranno vantaggi. Basti pensare che vendiamo il latte a 37 centesimi al litro ma la mozzarella la vendono ad 8 o 10 euro al chilo».

Onofrio Maellaro a Noci, ha 120 bovini che producono 1.600 litri di latte al giorno: «Saremo certi che si tratti latte nostro. Il latte sarà tracciato e gli animali seguiranno un regime alimentare particolare. I bovini devono nutrirsi al pascolo. Oggi spesso si utilizzano foraggi affienati o insilati perché conviene da un punto di vista economico rispetto ai pascoli».

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