BARI - Il pasticcio del bando comunale ventennale da oltre 19 milioni di euro per la gestione delle lampade votive dei sette cimiteri cittadini finisce al Tar. E i giudici bocciano la procedura, annullando il capitolato perché antieconomico: a fronte dei costi, cioè, l’impresa aggiudicataria avrebbe ricavi in perdita. Tutto da rifare, quindi, con la condanna del Comune anche al pagamento delle spese legali alla società che ha fatto e vinto il ricorso.
LA GARA Il 13 febbraio 2023 il Comune ha indetto una procedura aperta «per l’affidamento della concessione mista del servizio di gestione e manutenzione ordinaria e straordinaria dell’illuminazione votiva nonché dei relativi impianti elettrici esistenti allocati nei cimiteri comunali di Bari ed ex frazioni di Carbonara, Ceglie del Campo, Loseto, Palese, Santo Spirito e Torre a Mare, con preventivo adeguamento tecnologico degli impianti esistenti»: valore stimato della concessione per la durata di 19 anni oltre 19 milioni di euro.
L’oggetto della concessione riguarda il «servizio di gestione delle lampade elettriche votive dei loculi, dei campi di inumazione e delle tombe di famiglie esistenti (stimate in circa 62.200 utenze) e dei relativi impianti elettrici, gli adempimenti di adeguamento tecnologico e di messa a norma, gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché l’installazione di nuove lampade votive a richiesta degli interessati».
Una delle società che intendeva partecipare ha impugnato prima il bando, ritenendo che alcuni requisiti richiesti fossero «inconferenti» rispetto all’oggetto della gara (ma su questo il Tar ha dato ragione al Comune, che comunque poi lo ha sospeso in autotutela per un errore materiale nel capitolato) e poi ha contestato il nuovo capitolato. Su questo i giudici hanno bacchettato l’amministrazione, condividendo le ragioni del ricorso.
Infatti dopo la sospensione in autotutela, il Comune a giugno ha rettificato il capitolato nella parte relativa alle tariffe da applicare all’utenza e dopo qualche settimana ha riattivato la procedura di gara con i nuovi criteri, prorogando i termini per la presentazione delle offerte.
In particolare le modifiche del capitolato di gara hanno riguardato l’adeguamento delle tariffe del servizio oggetto di concessione, che sono state ridotte, così determinando una riparametrazione (al ribasso) dei valori economici connessi, tra cui: il valore stimato della concessione; i requisiti economico finanziari e tecnico organizzati per i servizi, che sono stati ridotti per adeguarli al nuovo valore stimato della concessione; e il valore della cauzione provvisoria, anch’esso ridotto per adeguarlo al nuovo valore della concessione.
IL RICORSO La società ha invocato la «illegittimità della legge di gara alla luce delle modifiche del capitolato speciale e del piano economico finanziario, perché la modifica delle tariffe del servizio di illuminazione votiva, contenuta nel capitolato, avrebbe di fatto modificato il valore stimato della concessione», rimasto invece immutato. Solo per fare un esempio, secondo la prospettazione riportata nel Piano Economico Finanziario «riapprovato», la differenza tra costi e ricavi determinerebbe un utile di concessione atteso di 1,3 milioni di euro, notevolmente inferiore rispetto all’utile stimato nell’originario piano economico finanziario pari a 4,4 milioni. Per la sola forza lavoro, poi, servirebbero 1,8 milioni, quindi la concessione risulterebbe in perdita di 500mila euro.
Nel complesso, con le nuove tariffe il capitolato non supererebbe i 15,7 milioni di euro, a fronte del valore della concessione che invece non è stato modificato (circa 19 milioni). Il Tar a settembre ha rigettato la richiesta di sospensiva (accolta poi dal Consiglio di Stato) e ora si è espresso nel merito. «Gli atti di gara - evidenziano i giudici - non sono stati redatti in modo lineare, essendo evidente la contraddizione tra bando e capitolato, che non può essere superata mediante una inammissibile attività di interpretazione, che lascerebbe, tuttavia, i concorrenti esposti ad una formulazione della legge di gara ambigua e fuorviante, in violazione dei principi di trasparenza e massima partecipazione».