CONVERSANO - «Avevo un grande problema di salute, così un giorno mamma mi ha fatto la valigia e in un viaggio dell’orrore ho attraversato due continenti da sola». È il commovente racconto di Maryam, giovane studentessa che non avendo la possibilità di curarsi nella sua città nella Sierra Leone, ha affrontato, a 11 anni, un viaggio sul barcone dell’orrore.
La sua storia ha emozionato la giuria del «Festival dei diritti umani», svoltosi martedì nel Memoriale della Shoah a Milano, che ha premiato il podcast dal titolo «La bambina venuta dal mare» realizzato dalla 4ª A dell’Istituto professionale Modugno di Conversano, diretto da Margherita Manghisi. Il racconto è centrato sulla testimonianza di Maryam, compagna di classe degli autori del lavoro premiato, la cui voce accompagna in 9 minuti le diverse tappe di un viaggio drammatico. La mia storia - racconta Maryam - viene da lontano, parte con il sole e le case di legno della mia terra, la Sierra Leone, attraversa il deserto del Sahara e arriva fin qui, portata dal mare». Maraya è nata a Makeni, a sud dell’Oceano Atlantico, ed cresciuta nella capitale Freetown.
La storia «Non è un bel posto in cui vivere. Un tempo era terra di schiavi, oggi è rimasta solo povertà. Noi vivevamo in una casa di legno, con i miei zii, cugini e familiari. Nonostante la povertà, stavo bene perché stavo con la mia famiglia. Il mio destino è cambiato a 11 anni. Avevo un grande problema all’orecchio e mi servivano cure, così un giorno mia madre mi ha fatto la valigia e mi ha detto che saremmo partiti per andare a trovare una sua amica. Le sue ultime parole, mentre mi addormentavo, sono state: “Non meriti di stare qua, sei forte e coraggiosa, credo in te”. Ma io penso che mia madre sia stata coraggiosa e forte nel lasciare andare la sua bambina di 11 anni». In un autobus pieno di gente sconosciuta che parla lingue diverse, Maryam inizia il suo viaggio. «Con me c’erano tante altre bambine e ragazze, alcune erano lì per cercare un futuro migliore, mentre altre erano state vendute, sarebbero finite sulla strada. Le riconoscevi perché portavano un braccialetto al polso e pensando a loro mi vengono i brividi. Perché nessuno si è accorto della paura che provavano. Poi siamo arrivati nel Sahara, uno dei tratti più pericolosi del viaggio. Ci hanno fermato gli arabi e chi non poteva pagare veniva ucciso, violentato. Io non avevo più soldi e mentre aspettavo il mio turno piangevo e chiamavo mia madre. Qualcuno mi ha protetta e mi ha salvata. Uno sconosciuto ha pagato per me. Non so perché l’abbia fatto. Non l’ho rivisto mai più. Dopo un lungo viaggio siamo arrivati in Libia, ci hanno fatto salire su un gommone, eravamo più di 100, non c’era spazio per muoverci. Accanto a me una donna incinta, io occupavo poco spazio perché ero piccola e cercavo di lasciarne per lei. Stavamo così stretti che non riuscivamo a respirare, così qualcuno si gettava volontariamente in mare. Quando succedeva, lei mi sbarrava gli occhi con la mano per non farmi vedere. Il mare faceva paura. Sembrava infinito e pericoloso. Dopo una notte di navigazione, abbiamo visto la luce di un faro e una nave che veniva ad aiutarci. Su un fianco aveva una scritta grandissima, “Sos Mediterraneo”, allora tutti, anche quelli che stavano male, abbiamo urlato la nostra gioia».
I bambini Nella storia delle migrazioni, un posto è occupato da bambini e adolescenti. Molti, come Maryam, affrontano il viaggio da soli. Questi ultimi sono gli MSNA, minori stranieri non accompagnati (11mila 642 nel 2022; fonte Osservatorio dei diritti). «Siamo sbarcati a Lampedusa - prosegue - e da lì mi hanno mandato a Taranto. Sono entrata subito in una comunità di accoglienza, qui sono cresciuta, maturata, ho cominciato ad avere amici ma soprattutto ho desiderato avere una nuova famiglia. Oggi con i miei genitori affidatari mi sento finalmente speciale, amata e importante. La nostra casa è piena di libri. Loro mi insegnano ogni giorno che studiare ti rende libero. E poi ho i nonni che adoro e mi amano tanto. A volte uno dei miei brutti ricordi copre i miei sogni. Allora ripenso alle parole della mia mamma e mi faccio coraggio. Ora voglio studiare e imparare ad aiutare gli altri. Il mio proposito è di essere felice, per me e gli altri bambini che si sono messi in viaggio, e non ce l’hanno fatta».
Il riconoscimento Il racconto della giovane studentessa ha emozionato la giuria del Festival dei diritti, al cui ingresso la senatrice a vita Liliana Segre ha voluto che fosse scolpita la parola «Indifferenza». E i ragazzi della 4ª A hanno dimostrato di non essere indifferenti. Lo hanno fatto con la produzione di due podcast, risultato del percorso «Podcaster per il nostro futuro. A scuola di diritti umani», svolto con l’ETS Diritti umani di Milano, il tutoraggio dei giornalisti di Shareradio e Radio Popolare e ieri, dopo la presentazione al Festival, è arrivato un importante riconoscimento del valore dei due lavori, con la pubblicazione sulla piattaforma di Radio Rai.
«La bambina venuta dal mare» è stata curata da Giusy Rizzo, Barbara Console, Irisanna Cafagna, Dervishi Nezire, Abbinante Desiree, Rosa Atene, El Khaoudi Nohaila, Anatolia Fanelli, Veronica Petrosino, Alessia Mastrofrancesco, Antonio Berlingerio. Martina Barile ha curato il montaggio; ricerche di Marisol Simone, Anna Moramarco, Valentina Morgante, Arianna Laselva, Roberta Galicchio, Francesca Caputo, Deborah Masotti. Voci narranti: Teresa Roca, Jennifer Dicaro, Chantal Cardascia, Giuseppe Narracci, Miriam Conte, Antonio Berlingerio.