BARI - «A.D. C.P. da adesso siete il mio chiodo fisso. Il sangue è arrivato agli occhi», «Ridateci ciò che è nostro, lì abbiamo dato sangue e sudore». «Ridateci ciò che è nostro pezzo di m…». Per questi post su Facebook il 36enne Pietro Malanga, figlio del più noto pregiudicato Orlando, è finito a processo per minacce. I destinatari delle frasi minatorie sarebbero il sindaco Antonio Decaro e l’assessore comunale alle attività economiche Carla Palone.
Questi post, corredati sui social dalle foto di due gazebo, uno del bar della spiaggia di Pane e Pomodoro e l’altro adibito ad attività di ristorazione del «Mood» lungo la spiaggia di Torre Quetta, risalgono al 23 agosto 2020 e sarebbero legati, secondo l’accusa, alle interdittive antimafia con conseguenti revoche delle concessioni da parte del Comune alle società «Il Veliero» e «Adriatica», che gestivano all’epoca i servizi balneari delle due spiagge e anche i locali sul molo Sant’Antonio davanti al porto vecchio.
Pietro Malanga era amministratore di Adriatica e dipendente, ma ritenuto gestore di fatto con il padre, del Veliero, società formalmente intestata a Rosa Di Modugno e Antonino Palermiti, nipote del boss di Japigia. I messaggi su Facebook sono stati scritti, cronologicamente, immediatamente dopo aver «perso» spiagge e bar.
Minacce a pubblico ufficiale e diffamazione aggravata sono i reati che la pm Savina Toscani contesta a Pietro Malanga. Decaro e Palone, con gli avvocati Michele Laforgia e Paola Avitabile (Polis), si sono costituiti parte civile nel processo in corso dinanzi al giudice Giuseppe Mastropasqua. Ieri, in udienza, l’imputato - con l’avvocato Attilio Triggiani - ha fatto richiesta di messa alla prova. Si tornerà in aula a settembre, quando il giudice, dopo aver visionato il programma e valutato la condotta, deciderà se ammettere Malanga alla messa alla prova, magari dopo una lettera di scuse.
La vicenda di Torre Quetta e Pane e pomodoro - Nel 2018 il Comune aveva deliberato le concessioni demaniali alle due società «Il Veliero», per la gestione dei servizi balneari di Torre Quetta e Pane e Pomodoro, «Adriatica» per il locale bar sul molo Sant’Antonio con annesse terrazze. Dopo meno di un anno furono accertate le prime violazioni amministrative, da Polizia locale, Guardia di Finanza e Capitaneria di Porto, relative alla gestione delle attività con contestazione di inadempienze sui servizi da erogare rispetto ai contratti sottoscritti. A settembre 2019 il Comune dichiarò decaduta la concessione del Veliero e alcuni mesi dopo, a maggio 2020, la Prefettura ha emesso l’interdittiva antimafia con conseguente revoca delle concessioni demaniali e la restituzione dell’intera area. Ne è nato un lungo contenzioso dinanzi al Tar che come ultimo atto, a dicembre scorso, ha dato ragione al Comune sulla gestione del bar di Pane e Pomodoro.
A luglio dello stesso anno, il 2020, lo stesso provvedimento antimafia è stato adottato per Adriatica e subito dopo il Comune ha revocato anche la concessione per i locali del molo Sant’Antonio. Alla base delle interdittive (quella del Veliero sospesa con ammissione della società al controllo giudiziario) ci sarebbe la figura di Orlando Malanga, padre di Pietro e compagno di Rosa Di Modugno.
Una vicenda, quella della gestione di Torre Quetta e di Pane e Pomodoro, che ha infatti in questo strascico penale solo l’ultimo atto di un contenzioso iniziato ormai tre anni fa, a meno di due anni dall’affidamento della gara. Prima intervenne la Prefettura con l’interdittiva, poi sospesa dal Tribunale nel gennaio 2021 con l’ammissione della società al controllo giudiziario. La Corte di Appello, nel luglio 2021, aveva ripristinato l’interdittiva accogliendo l’appello della Dda di Bari. Un anno fa la Cassazione ha annullato con rinvio quel provvedimento e nei mesi scorsi la Corte di Appello ha confermato il provvedimento di ammissione al controllo giudiziario. A carico della società, secondo i giudici, può «ritenersi esclusivamente la sussistenza di una situazione di occasionale agevolazione della criminalità organizzata, senza tuttavia potersi ipotizzare l’attuale collegamento stabile dell’azienda rispetto alle compagini mafiose del territorio», legato proprio alla figura dell’ex co-gestore di fatto Orlando Malanga.
Le minacce - Quando la querelle tra società e amministrazione era appena iniziata, con gli uffici comunali impegnati nei controlli sulle presunte violazioni e inadempienze e nelle aule di giustizia la questione non era ancora arrivata, l’unico dato di fatto certo era che tutti i gestori, di nome e di fatto, di quelle società erano rimasti senza attività da gestire. È a questo punto che Pietro Malanga - del quale gli inquirenti descrivono anche il «curriculum», tra daspo e condanna per una rapina del 2016 ai tifosi del Cesena al termine di una partita di calcio fuoricasa del Bari, denunce per lesioni e appropriazione indebita, oltre a frequentazioni «criminali» documentate, per esempio con il nipote del boss Savinuccio Parisi - avrebbe scritto i post minatori, che «potrebbero essere stati motivati dall’iter amministrativo in corso il cui esito sfavorevole avrebbe privato Malanga di un’importante fonte di reddito». «I messaggi - si legge negli atti - evidentemente rancorosi pubblicati sul profilo Facebook e rivolti all’indirizzo di chi sono ritenuti responsabili della revoca delle concessioni dei servizi balneari, ossia Antonio Decaro e Carla Palone richiamati nei messaggi con le iniziali, sottintenderebbero neanche troppi velati intenti vendicativi nei loro confronti».
Non è tutto. Secondo gli inquirenti la personalità dell’imputato e degli altri protagonisti del lungo contenzioso, che intreccia anche il mondo della criminalità organizzata barese, «assevererebbero la paventata possibilità di atti ritorsivi».